martedì 14 marzo 2017
I poeti ci aiutano a guardare alla vita in profondità. In tal modo, non solo ci consentono di pervenire a una diagnosi del nostro mondo interiore, socchiudendo la vita a una comprensione altra, ma ci pongono davanti alla sfida dell'autenticità, che non è mai uno stadio acquisito bensì un'interminabile incombenza. Personalmente mi aiutano molto questi versi di Fernando Pessoa: "Quanto traverso o sogno/ quanto finisce o manco/ è come una terrazza/ che dà su un'altra cosa./ È questa cosa che è bella". Tutto quello che ci è dato vivere rappresenta la materia che ci costituisce fino al momento attuale, ma non solo. La somma dei nostri desideri e cammini, delle nostre realizzazioni e fallimenti, non è ancora il punto d'arrivo, ci scaglia più lontano. Quel che meglio definisce la vita nella sua essenza è questo vivere proiettati. Viviamo troppo in case chiuse, con i nostri bagagli messi via in solidi armadi come non dovessimo tornare a uscire, con il tempo ridotto a routine, in un'apparente e illusoria prevedibilità. Viviamo come se ciò che vediamo fosse tutto quel che c'è da vedere. Facciamo del cortile di casa l'universo. Per questo anche la speranza ci pare un'arte inaccessibile. Quando però ci stacchiamo dal trantran, e ci arrischiamo a considerare l'istante, questo preciso istante della nostra esistenza, come da una terrazza percepiamo che la vita è più grande di noi.
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