giovedì 13 aprile 2017
A un convegno milanese sull'utero in affitto interviene un padre adottivo: «Della madre che ha abbandonato - dice - cerchiamo di dare un'immagine positiva». Per tenere insieme i pezzi di un'architettura complicata, la ferita delle origini, l'amore che prova a risanarla. Poi aggiunge qualcosa sul «dono» dell'utero: «Sappiamo bene che non esiste, che è solo business. Ma sapere di essere stati "donati", credetemi, sarebbe anche peggio. Almeno, se è stato per soldi, una ragione c'era: la povertà, il bisogno. Ma regalati, come una cosa qualunque…».
A una serie di incontri sulla Gpa organizzati dal Circolo della Rosa di Verona, la psicoanalista Cristina Faccincani racconta di un collega esperto di sogni che viene avvicinato da una coppia di uomini. Hanno una bimba di 4 anni nata da Gpa, afflitta da un angoscioso incubo ricorrente:
essere rinchiusa da sola in un garage. Ogni volta si sveglia piangendo disperatamente. Il garage come spazio d'uso, diverso da una casa abitata, luogo delle relazioni.
«Il vissuto claustrofobico del sogno - commenta Faccincani - parrebbe testimoniare la reazione emotiva della bimba a un ventre gestante affettivamente sterile nei suoi confronti». Un semplice incubatore, privo di desiderio. La nascita non come un trauma, ma come una liberazione da quella contrattualizzata mancanza d'amore.
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