sabato 18 agosto 2018
Quando di qualcuno si vuole dire che manca di buon senso, o anche solo di senso comune, si dice: «È un sognatore». Perché il sognatore non ha i piedi sulla terra, non sa che cosa sia la concretezza, non ha consapevolezza dell'opportunità, non è capace (o magari non vuole?) di “farsi furbo”. Una condizione tipica dei giovani, ai quali non a caso viene spesso ripetuto fino alla nausea “quando la smetterai di sognare, allora finalmente... ”. Così che il sognare finisce con l'avere una sua propria dignità esclusivamente come attività onirica notturna, mentre il sognare di giorno è solo una perdita di tempo.
Già, una perdita di tempo. Ma per chi? E rispetto a che cosa? Per papa Francesco ci sono pochi dubbi, e lo ha detto chiaramente incontrando lo scorso fine settimana oltre 70mila giovani italiani nel raduno convocato in vista del Sinodo del prossimo ottobre: perché, ha affermato, i sogni dei ragazzi «fanno un po' paura agli adulti. Forse perché hanno smesso di sognare e di rischiare, forse perché i vostri sogni mettono in crisi le loro scelte di vita». E sì, mettono in crisi le certezze di ripiego, un po' vigliacche, di chi ha tirato i remi in barca: «Ma voi – ha aggiunto Francesco – non lasciatevi rubare i vostri sogni», perché «un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato», mentre peggio ancora sono «i giovani da divano», o quelli «senza sogni che vanno in pensione a 20-22 anni».
Alla veglia di preghiera con i giovani italiani del 1° settembre del 2007, a Loreto, papa Benedetto lanciò un messaggio analogo: «Lasciate che questa sera io vi ripeta: ciascuno di voi se resta unito a Cristo, può compiere grandi cose. Ecco perché, cari amici, non dovete aver paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Cristo – sottolineò – ha fiducia in voi e desidera che possiate realizzare ogni vostro più nobile e alto sogno di autentica felicità. Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio. Guardate alla giovane Maria! L'Angelo le prospettò qualcosa di veramente inconcepibile: partecipare nel modo più coinvolgente possibile al più grandioso dei piani di Dio, la salvezza dell'umanità». Anche Francesco ha voluto proporre ai suoi interlocutori, la settimana scorsa, l'esempio di un ragazzo che «sognava in grande», e non aveva paura di farlo: «C'era un ragazzo qui in Italia, che cominciò a sognare alla grande, e il suo papà, un grande uomo d'affari, cercò di convincerlo, ma lui disse: “No, io voglio sognare questo che sento dentro”, e alla fine se n'è andato per sognare». Allora il padre lo seguì: «Quel giovane si è rifugiato nel vescovado, si è spogliato delle vesti e le ha date al padre: “Lasciami andare per il mio cammino”». Questo ragazzo «si chiamava Francesco, e ha cambiato la storia dell'Italia». Per il Papa il «Santo Poverello» di Assisi «ha rischiato, sognando in grande, non conosceva le frontiere. Era un giovane come voi, e come sognava!». Sogni grandi, belli, per vedere i quali non aveva bisogno di artifici né droghe che «ti addormentano il cuore, ti bruciano il neurone, ti rovinano la vita». Sogni che hanno ogni diritto di cittadinanza e che, dunque, non soltanto non meritano di essere mortificati, ma che in qualche modo, in ogni modo, il “mondo dei grandi” dovrebbe sempre incoraggiare, spingendo i giovani a coltivarli come un fiore prezioso. Che forse non darà mai nessuna ricchezza, ma aggiungerà bellezza al mondo.
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