“Amore criminale” è più giornalistico
sabato 22 ottobre 2022
In una serata, quella di giovedì, in cui la Rai ha messo insieme Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso su Rai 1 e il documentario Il mistero Moby Prince su Rai 2, entrambi e per motivi diversi prodotti di qualità, ha fatto partire su Rai 3 anche la nuova serie, la venticinquesima, di Amore criminale con la conduzione per la prima volta di una giornalista e non di un'attrice, Emma D'Aquino, transfuga dal Tg1 per il rifiuto di condurre la rassegna stampa mattutina, passata così alla conduzione di programmi come Ribelli e ora, appunto, di Amore criminale succedendo a Veronica Pivetti, Asia Argento, Barbara De Rossi, Luisa Ranieri. E la differenza tra la giornalista e le attrici si è vista. In questo senso il programma è migliorato in quanto è diminuita la parte recitata della conduzione. Resta invece il dubbio sulle docufiction di turno, la ricostruzione con attori dei casi di femminicidio, oggetto di ogni puntata, che si alternano a immagini di repertorio e alle testimonianze dirette di parenti, amici e avvocati. L'impressione, a parte la recitazione non sempre all'altezza, è che nel tentativo di rappresentare la realtà si forzino troppo le situazioni senza pensare all'effetto amplificatore della tv. Certe violenze, anche solo a livello verbale, acquistano in televisione una forza estrema, come nel caso di questo debutto con la storia di Antonia, uccisa nel 2012, a 43 anni, dal suo ex compagno. I pesanti e volgari insulti dell'uomo nei confronti della donna (che nella realtà ci sono stati effettivamente) appaiono eccessivi dal punto di vista televisivo, anche perché reiterati. Insomma, alla giusta denuncia contro la violenza sulle donne, si affianca una forte drammatizzazione delle parti fiction, che potrebbe essere attenuata senza nulla togliere al risultato finale.
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