martedì 12 febbraio 2019
«Noi non possiamo vedere il grande ventre quieto della terra/ Nessun uomo scorge il ventre di sua madre/ Tuttavia chi nega che esista? Avvolta/ All'ombelico del mondo è quella/ Corda senza fine che ci lega tutti/ Alla grande origine. Se perdo la strada,/ Il cordone strisciante mi condurrà alle radici». Parole di un Cavaliere al cospetto della morte. Il grande scrittore nigeriano Wole Soyinka, Premio Nobel 1986, romanziere, poeta, saggista, è il drammaturgo che ha rifondato il teatro moderno riportandolo alla potenza originaria del mito. Nel dramma in versi La morte e il cavaliere del re vediamo questo personaggio che, come accade nel grande teatro, pronuncia dal palcoscenico, o dalla pagina, parole che riguardano l'umanità intera, poiché il teatro, come recita Shakespeare, è il mondo. Di fronte alla morte il cavaliere ricorda a se stesso e al palcoscenico e a noi gli indissolubili legami con cui la vita cosmica opera, incessante. Noi non possiamo vedere il ventre di nostra madre, ma nessuno può dubitare che esista, perché da lì è venuto alla luce. Così non possiamo dubitare del grande ventre della terra, quieto, in pace. E la morte non è assoluta: avvolta all'ombelico del mondo è una corda che ci lega tutti. Non siamo soli, non siamo disperati, mai. Anche se perdo la strada quella corda che io non vedo mi riporterà alle radici.
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