venerdì 18 febbraio 2005
Molti oggi parlano dei giovani; ma non molti, ci pare, parlano ai giovani. Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro. Sono frasi di due Papi che si sono succeduti nel reggere la Chiesa, Giovanni XXIII e Paolo VI, ed entrambi si rivolgono ai giovani, un pianeta spesso problematico, oggetto di studi e di analisi psico-sociologiche, quasi fosse un fenomeno da comprendere e da controllare e non tanto una realtà umana con cui dialogare. Acquista, perciò, particolare valore la prima frase che è di Paolo VI: nella pastorale, bisogna certo interessarsi della questione giovanile, ma ciò che è ben più importante è andare in mezzo ai giovani, capirne il linguaggio, coinvolgersi nelle loro domande, parlare alla loro mente e al loro cuore. Certo, è un'impresa tutt'altro che facile per l'adulto. Eppure l'esempio di Giovanni Paolo II ai nostri giorni è emblematico: nonostante la distanza degli anni, la stessa sua immobilità fisica, il rigore del suo messaggio, egli riesce a varcare ogni abisso generazionale, a introdursi nella frenesia giovanile, a scuoterne la superficialità apparente. Certo è che tra le cose da dire a loro e a noi adulti o anziani c'è anche quello che Giovanni XXIII affermava nella seconda frase. Nessuno comincia mai da zero, annullando il passato o illudendosi di poterne fare a meno. Nessuno, però, deve illudersi di mettere una frontiera decisiva al fluire del tempo, delle scoperte, della ricerca che proseguirà anche dopo di noi, proprio in questi giovani che ora s'affacciano alla ribalta della storia.
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