sabato 4 settembre 2004
Anima mia, esci da te ed entra in Dio! Mio io, immergiti tutto in Dio, immergiti nelle acque senza fondo! Se io fuggo da te, tu vieni a me. Se perdo me, ritrovo te, mio Bene soprannaturale. È l'ultima strofa di una poesia mistica, composta nella cerchia di un originale e persino sconcertante maestro tedesco medievale di spiritualità, Meister Eckhart (1260 ca - 1327), e intitolata tradizionalmente Granum sinapis, "grano di senape" o anche "granellino dell'infinita bellezza di Dio". Le parole sono semplici, i pensieri nitidi, l'impegno di fede è radicale. Non vorremmo commentare queste frasi, invitando ciascun lettore a lasciarle risuonare lentamente dentro di sé. Vorremmo solo fare una considerazione di ordine generale. Spesso la stessa educazione religiosa spinge i credenti sulla via minimalista: basta osservare i precetti indispensabili e seguire un sano realismo morale. Il cristianesimo è invece di sua natura "totale", è un appello a essere «perfetti come perfetto è il Padre che è nei cieli». È, quindi, il superamento della mera logica "economica" del calcolo dare-avere, fare-ottenere. La sua, infatti, è piuttosto la via dell'amore che non conosce riserve ma ha come meta la donazione e come regola l'abbondanza, persino lo scialo dei propri interessi, il perdere nella certezza di trovare. La mistica, allora, non dovrebbe essere tanto uno stato eccezionale di alcuni, ma una strada gioiosa tentata da tutti i credenti, pronti a "immergersi" totalmente in Dio, nelle sue "acque senza fondo", uscendo da se stessi.
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