giovedì 6 novembre 2003
Segue solo i suoi pensieri, procede per la sua strada, avverte solo il proprio dolore. Sì. Non è forse questa la via giusta per sopravvivere in questo letamaio? Aspetta il tuo momento, abbassa la visiera. Non lasciare che ti leggano il cuore. Questo ritratto di uno dei personaggi del romanzo Blue belle dello scrittore americano Andrew Vachss (Mondadori 1993) mi sembra raffiguri in modo netto un profilo tutt'altro che raro nella società contemporanea, quello del "sociopatico", cioè di colui che si rinchiude in se stesso, calando la visiera sul volto, ignorando e facendosi ignorare dal mondo esterno. Molti sanno quanto drammatico sia l'autismo, soprattutto quando si manifesta in un bambino o in un adolescente. Là, però, c'è il desiderio di comunicare che è frustrato da un'impotenza di fondo, da mura altissime e invalicabili. Il sociopatico, invece, sceglie di tagliare i ponti col resto del mondo perché lo disprezza e lo considera "un letamaio" dal quale cerca di conservarsi indenne ed estraneo. Soprattutto egli non vuole che un altro "legga il suo cuore", penetrando nella sua intimità. Non è una psicosi la sua, come nel caso dell'autismo, ma un'immaturità nella comunicazione, un disprezzo verso gli altri, un egoismo di autodifesa. Certo, c'è un'intimità che dev'essere tutelata e che non può essere gettata in piazza, come accade in certi infami programmi televisivi. Ma c'è una necessità di contatto, di dialogo, di simpatia, di amore, di reciprocità che rende più gioiosa la vita, meno amaro il dolore, più intenso l'impegno. E', dunque, necessario stendere la mano sia per essere aiutati sia per aiutare: quella stretta di mano dà un calore e un colore diverso all'intera esistenza.
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