Il ritratto del missionario digitale che presento questa volta non è in piena luce, o quasi, come quelli che lo hanno preceduto. Anzi, il suo profilo è caduto nell’ombra. Ma questa storia ci consente di osservare come le insidie della popolarità online non vengano meno quando essa proviene dall’esercizio, attraverso i social, di un’attività di evangelizzazione.

Alex Jurado è un ventottenne originario del New Mexico. La sua biografia sul sito “Catholic Speakers”, un database dei predicatori cattolici americani, lo descriveva come un ragazzo prodigio: «catechista» e «apologeta» nella sua parrocchia grecocattolica (eparchia di Phoenix) sin dai 16 anni, capace di insegnare anche agli adulti, si distingue in particolare nelle dispute pubbliche con esponenti e su tematiche delle Chiese protestanti (sia quelle storiche, sia le denominazioni evangelicali e pentecostali).
Apre il canale YouTube “Voice of Reason” nel 2023. Attualmente conta 166mila iscritti, 488 video pubblicati, oltre 31,5 milioni di visualizzazioni. I suoi video rimbalzano poi, in forma di clip, sugli account TikTok (237mila follower) e Instagram (140mila follower), oltre che, occasionalmente, su vari canali caratterizzati dallo stesso taglio apologetico. Parla con una voce profonda, baritonale; l’ambientazione alle sue spalle varia (l’interno di una chiesa, una libreria, una folla di icone, una semplice tenda), così come il suo abbigliamento, talvolta più formale, talaltra casual.
Il 16 luglio scorso, sul sito “Protestia” (di impianto evangelico-conservatore), compare un articolo che accusa Alex Jurado di sexting (invio e ricezione, tramite dispositivi elettronici, di messaggi a contenuto sessuale) con donne adulte. Ma in evidenza c’è soprattutto l’adescamento, sempre attraverso la Rete, di una minore, che sarebbe avvenuto otto anni fa. A riprova, il sito mostra vari screenshot, che avrebbe ricevuto dall’interno della comunità cattolica.
Jurado pubblica immediatamente una smentita a proposito della «relazione inappropriata» con una minore, dichiarandosi di essere pronto a difendersi nelle sedi opportune; tace sul resto ma si definisce un «miserabile peccatore». Nei giorni successivi continua a tacere, mentre il suo vescovo Artur Bubnevych gli vieta, fino a nuovo avviso, qualsiasi «attività o coinvolgimento (…) che si verificano in qualsiasi struttura o evento sponsorizzato dall'eparchia di Phoenix» e vari media cattolici prendono le distanze (lo scrive “OSV News”); anche il succitato “Catholic Speakers” rimuove la sua biografia.
Due settimane fa, il 18 agosto, sul suo canale YouTube “Voice of Reason”, Jurado rompe il silenzio pubblicando un video di 26 minuti. Nei primi quattro continua a protestare la propria innocenza rispetto all’accusa di «una relazione sessuale inappropriata» con una minorenne, e spiega che è stato a causa del procedimento penale in corso che ha preferito finora tacere. Il resto del filmato rappresenta un vero e proprio, dolente, “mea culpa” per le relazioni digitali a carattere sessuale che ha intrattenuto con donne adulte: «Sono ripetutamente caduto nel peccato e ho spinto [queste donne] a cedere ai desideri della mia carne (…) sono caduto nel peccato della lussuria». Tra le sue parole quelle che ricorrono più spesso sono i verbi «hurt», ferire, e «apologize», chiedere scusa. Raccoglie 250mila visualizzazioni.
La cronaca, anche recente, ci ha abituato a questo tipo di confessioni: un vero e proprio “genere”, nel quale si fatica a distinguere la sincerità della contrizione dal “mestiere” di chi sa come si sta davanti a una telecamera, anche perché si tratta invariabilmente di monologhi. Certo è che Alex Jurado vi appare un uomo devastato e pentito per il danno causato a sé stesso, alle sue vittime, ai suoi cari, alla sua comunità. E naturalmente ai suoi follower: nella consapevolezza che la popolarità digitale amplifica enormemente la controtestimonianza di un “privato” che stride così forte rispetto al “pubblico”.
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