Quel Dio «lontano» che troviamo dentro di noi

May 21, 2025
VI Domenica di Pasqua - Anno C In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate». Ed io che mi sforzavo di bucare il cielo, alzando lo sguardo per arrivare aldilà delle nuvole, come volessi trapanarle, là dove pensavo che se ne stesse Dio; io che mi immaginavo questo Dio imperturbabile e lontano, inaccessibile e indifferente alla mia storia, alle mie cadute, al mio dolore; io che pensavo che non bastasse gridare e rinfacciargli la mia sofferenza e la mia angoscia per raggiungerlo là dove Lui si nascondeva, in quel cielo troppo vasto in cui mi ero perso e smarrito nella più gelida solitudine. Oggi scopro che ho faticato inutilmente, come a voler spaccare la roccia con le mani, e che quel Dio che volevo toccare e davanti al quale avrei voluto un po’ inginocchiarmi e un po’ sfidarlo, mi è intimo più di me stesso: ha messo la sua tenda nel mio cuore, mi abita. Quel cielo irraggiungibile me lo ha portato dentro. Scavando, Lui sì, per davvero, la pietra del mio cuore. Sovvertimento totale e paradossale dell’umana logica che vorrebbe distanze e lontananze, separazioni nette e definitive tra Dio e le sue creature, tra visibile e invisibile, tra spirito e materia, tra morte e vita. Il Dio che tutto impasta è difficile da capire, Lui che parte dal fango, che sceglie la morte per affermare la vita, che si fa carne per avvicinarci il divino e che diventa briciola di pane pur di scorrere nel nostro sangue. Per amore, solo per amore. E chiede amore come un amante appassionato. Così scopriamo che “la pace” è sapersi amati e abbracciati, protetti e coccolati anche in mezzo alle tempeste, anche quando sembra che non resti più nulla e che tutto si sia consumato nei nostri fallimenti e disastri. Resta un punto di pace che non ci appartiene, incomprensibile al mondo che immagina la pace come quiete piatta e assenza di perturbazioni. Una pace inspiegabile che ci innesta nella danza di un Dio uno e trino, un Dio-relazione che ci invita a ballare con Lui, sugli accordi del Suo amore. E scopriamo anche a cosa serve amare, a ritrovarci abbracciati nella melodia e nel ritmo di Dio, in uno “spazio che nulla minaccia, che nulla ha mai minacciato e che non corre alcun rischio di distruzione, uno spazio intatto, quello dell’Amore che ha fondato il nostro essere.” (Christiane Singer) (Letture: Atti 15,1-2.22-29; Salmo 66; Apocalisse 21,10-14.22-23; Giovanni 4,23-29) © riproduzione riservata

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