Quei figli soldato che non tornano

Avrei voluto parlare d’altro oggi
June 8, 2025
Avrei voluto parlare d’altro oggi. Davvero, avrei voluto. Ma c’è questa schermata dello smartphone che ogni mattina alle sette, per abitudine professionale, non riesco a non accendere. E mi imbatto nelle facciate dei condominii di Kiev colpiti nella notte dai missili russi. Quelle finestre nere sfondate, il nero del fuoco e del fumo, nessuno in giro. Era una casa come le nostre.Avrei voluto parlare d’altro stamattina, ma non ci riesco. Dal Corriere, l’inviato in Ucraina Francesco Battistini: «Ce ne sono anche qui, ragazzi… State più attenti!». «Dove?». «Ne abbiamo preso uno, lì intorno ne girano altri tre». Non parlano di cinghiali. Non è una battuta di caccia. Sono soldati russi che eliminano, conclusa vittoriosamente una battaglia, gli ultimi combattenti ucraini. “Khokhol”, li chiamano, è un dispregiativo, “cespugli”. Ecco l’audio del video diffuso dal Gur, la intelligence ucraina: «Ci sono tre khokhol che strisciano verso ovest, sono dei 300» – numero in codice che indica il soldato ferito. «Che ne facciamo, capo?». «Nella tua situazione, non farli prigionieri: eliminali». «Adesso?». «Sì. Abbiamo già preso un fottuto prigioniero, ma gli altri, no: sono feriti, eliminateli». Penso a quelli che si trascinano in cerca di un rifugio, povere lepri inseguite. E so, ora che sono madre e nonna, che tutti, tutti sono figli, che sono stati partoriti e allattati, che qualcuno sta pregando per loro. Esattamente come pregava mia nonna, a Parma, per mio padre, ufficiale della Julia nella trappola del Don. Anche allora i russi inseguivano gli ultimi nemici, le impronte, le macchie di sangue scuro sulla neve. Qualcuno venne fatto prigioniero e tornò dopo anni. Molti non tornarono. Mio padre tornò. Una mattina all’alba bussò alla porta di casa, nell’Oltretorrente, a Parma. Chissà mia nonna, quando se lo vide davanti. Chissà che abbraccio infinito, fra quei due. I ragazzi, spesso ventenni, inseguiti nel video dal fronte ucraino, non torneranno. Come anche i giovani russi reclutati nelle regioni più povere, in Mongolia, in Siberia, carne da cannone spedita al fronte. Caduti – centinaia di migliaia. Forse nemmeno i loro poveri corpi saranno restituiti. E con incredulità penso che sono passati 80 anni, non molti, la vita di un uomo. E, nella stessa terra, di nuovo. Pregare per questa moltitudine di sconosciuti mi pare così urgente, così necessario. Per tutti quelli che non ritornano – e lo so bene, ora che sono vecchia, che tutti sono stati figli.  

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