Una piovosa mattina di febbraio. Al bar, alle otto, accanita discussione su un fuorigioco. Una mattina come le altre. Eppure, temo di no. L’ intesa Putin-Trump, la prospettiva di un’Ucraina tagliata in pezzi, dopo tre anni, e tanti, quanti morti. Un’era nuova di grandi potenze che si dividono il mondo a piacere. L’Europa, l’Alleanza atlantica, la promessa di una pace per sempre, in cui i nati dopo il ’45 sono cresciuti, messa via: come un vecchio libro di cui si chiude l’ultima pagina. Un contingente europeo di peace keeping alla frontiera ucraino-russa? Fare peace keeping significa che la pace non c’è, che bisogna tenerla insieme a forza. Con centomila soldati europei, feets on the ground. Ci andranno gli Eserciti, ci si dice, o al massimo i volontari. Ci andranno altri, ci diciamo. Vorresti dire ai figli: sapete cosa significa questa prospettata “pace” ucraina, mentre Trump ipotizza che Kiev un giorno potrebbe diventare russa? Credete che la cosa non vi riguardi? La storia è lenta a mostrare la sua faccia. Mi chiedevo, da ragazza, cosa faceva la gente in Europa il 1° settembre ‘39, mentre la Germania invadeva la Polonia. Ora credo di capire: era estate, tanti erano al mare, o sui balconi delle città a cercare un po’ d’aria; e i giovani andavano a ballare. Non siamo a quella drammatica ora. Ma l’Europa latita, balbetta, dominata com’è in buona parte da governi di destra, e alla vigilia del decisivo voto in Germania. L’Europa, già. Quando, anni fa, per Avvenire andavo a Strasburgo, me ne tornavo con una sgradevole impressione. E cioè che dietro a quegli orgogliosi templi di cristallo, nei labirintici infiniti corridoi del Parlamento europeo, sotto a dibattiti spesso ideologici e a volte oziosi, di autentico ci fosse poco. Nelle segreterie le stampanti buttavano ininterrottamente circolari, in tutte le lingue dell’Unione: pile di carta affastellate nei corridoi, che lì rimanevano, intatte, come non interessando nessuno – solo parole. Remoti i padri fondatori, dimenticati i caduti dell’ultima guerra, e per cosa erano morti. La fine delle ideologie, l’hanno chiamata; ma anche la fine di un umanesimo profondo, di una politica volta alla pace, di passioni che trasformino il vivere quotidiano. Oggi mi sento, per la prima volta, una donna del secolo scorso. Apro il web: Sanremo, Sanremo. L’Italia, come in sonno. Ma poi, viene l’ora di riaprire gli occhi.
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