Appesi sopra il vuoto ma amati per nome

La notte, da qualche tempo, continuo a sognare funivie o seggiovie dal tracciato erto
February 2, 2025
La notte, da qualche tempo, continuo a sognare funivie o seggiovie dal tracciato erto, i piloni aggrappati a rocce aspre, e vertiginoso il vuoto, sotto ai passeggeri. In questi sogni salgo sempre, non scendo mai. Il cielo è costantemente grigio, fa molto freddo, c’è neve e ghiaccio. Singolare come seggiovie e funivie ritornino, quando io non vado mai in montagna, d’inverno. Al risveglio, pensando al lavorio onirico delle funi d’acciaio sospese su abissi candidi, mi incuriosisce l’insistenza cocciuta del sogno. Ma stamattina ho capito: le funi, i forti cavi dei mezzi di risalita, cosa sono se non grossi fili? “Essere appesi a un filo” è un’espressione corrente: il senso di una precarietà, di un incerto destino. Le mie seggiovie allora sono una figura di un’ansia che, è vero, mi pervade. Non solo l’ansia delle cose quotidiane, ma, dall’invasione russa in Ucraina in poi, e più ancora dopo il 7 ottobre e Gaza, un’ansia mai avuta prima: che le guerre lontane un giorno, e forse d’improvviso, possano arrivare da noi. Mai avuto, io baby boomer nata nella pace, questo timore. Credevo che la pace, dopo il ‘45, fosse per sempre. Ora però che dal Cremlino ci ricordano spesso che i loro missili Oreshnik in 11 minuti raggiungono Londra o Parigi l’ombra di una guerra non è più così assurda. Di giorno cerco di non pensarci. Ma di notte ecco le funivie, funi d’acciaio che scorrono in un ronzio metallico su un nulla gelido. Funi possenti, certo: in fin dei conti, tuttavia, fili. Cui mi sento sospesa. Certo, anche l’età concorre. Ieri, pensando che fra due mesi sarà di nuovo, fedelmente, primavera, mi sono chiesta se io ci sarò, a vederla. Non me lo ero chiesta mai. È la prima volta. Un senso di precarietà mi pervade. E mi sembra, stante come va il mondo e considerando l’usura del mio cuore, un sentimento realistico. Eppure, perché ho l’idea che qualcosa sia sbagliato? Che qualcosa sia dimenticato. Non il caso, ma Dio che ci conosce e ci ha voluti uno a uno, ci regge. E dunque quest’ansia, tanto umana, urta contro la fiducia in Dio che vorrei avere. Non fiducia che “andrà tutto bene”. Magari non andrà tutto bene. Però vorrei ricordarmi sempre che il mio Dio, anche nel buio, abbraccia e compie il destino di ognuno.

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