Violenza sessuale, che cosa dice la nuova norma sul consenso
Dopo l'intesa bipartisan, le relatrici Varchi (FdI) e Di Biase (Pd) spiegano che il testo recepisce le sentenze della Cassazione: il "sì" deve essere «libero e attuale»

Un «cambio di paradigma» voluto all’unanimità da maggioranza e opposizioni, che recepisce le numerose sentenze della Cassazione sulla materia, e insieme un segnale al Paese: contro la violenza sulle donne la politica parla a una sola voce. Nasce così l’intesa sulla modifica del reato di violenza sessuale, accolta nella proposta di legge presentata dal Pd, su cui si è arrivati prima in commissione (con l’interlocuzione tra dem e Fratelli d’Italia), ratificata poi con un accordo tra le due leader, Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Nel pieno degli scontri sulla manovra, le due prime donne lanciano un segnale forte. E dalla pdl firmata da Laura Boldrini si arriva al testo condiviso che avrà per relatrici Carolina Varchi di FdI e Michela Di Biase del Pd, a cui mercoledì la commissione Giustizia della Camera ha votato il mandato con il consenso trasversale di tutti i partiti. «Abbiamo voluto riscrivere il reato di violenza sessuale partendo da un principio chiaro e ineludibile: senza il consenso libero e attuale non c’è alcuna giustificazione possibile», spiega Varchi. In pratica, chi commette violenza «deve sapere che la legge non gli lascerà più scampo - incalza la parlamentare del partito della premier - . Il teorema “lei non ha opposto resistenza” non troverà più applicazione nel nostro ordinamento». Appunto, insiste usando le stesse parole della collega del Pd, si tratta di «un cambio di paradigma».
C’è poi un secondo punto di svolta, sempre a difesa della «dignità della persona», continua Varchi, ed è l’introduzione nel Codice penale del concetto di «particolare vulnerabilità». La deputata di FdI ricorda come un quarto delle violenze sulle donne «avviene nell’ambito di una relazione», e se ci sono condizioni di dipendenza economica si riscontra una «particolare vulnerabilità». Ma la stessa si verifica in caso di assunzione di sostanze o di alcol, altro caso di alterazione della capacità di decidere. Insomma, con la proposta di legge «abbiamo scritto una norma primaria che recepisce la giurisprudenza della Cassazione, colmando il vulnus che si era creato», dice Di Biase. In questo modo si eviterà di ascoltare nelle aule di tribunale domande scabrose e infanganti alla vittima, sul tipo di abiti che portava, sull’alcol assunto. «Basterà un’unica domanda - dice la deputata del Pd - : “Ha dato il consenso?”». Di fatto si tratta, aggiunge Di Biase, «del recepimento del principio giuridico riconosciuto dalla Convenzione di Istanbul, che definisce cosa è il consenso». Il clima bipartisan viene apprezzato dalle parlamentari. «Una bella immagine», la definisce Mara Carfagna segretaria di Noi Moderati: «Il coraggio di fare squadra» cancellando le differenze ha portato al risultato.
Soddisfatta anche la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella che parla di «passi avanti legislativi» con la collaborazione trasversale, che danno un segnale di vicinanza alle vittime. Per la segretaria dem Schlein, che giovedì ha pubblicato sui social una sua foto insieme alla premier Meloni, è «un passo avanti culturale importantissimo, perché finalmente entra il principio del libero consenso nel nostro ordinamento». Anche la leader del Pd si compiace dell’intesa con la maggioranza sul testo e anticipa che «proseguiremo anche su altre cose. Abbiamo votato insieme alla destra delle norme che hanno affinato la repressione, abbiamo fatto oggi un grande passo avanti culturale sulla proposta del Pd sul libero consenso». Ora l’obiettivo è «votare insieme anche norme necessarie per la prevenzione, a partire dall’educazione alle differenze e alla sessualità». E partendo da questa intesa, la leghista Laura Ravetto invita a lavorare insieme sul suo testo per il reato di cyberstalking che prevede pene fino a 6 anni e 6 mesi di reclusione.
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