Nei prossimi tre anni 23 miliardi in più di spese militari
Dal Documento programmatico di finanza pubblica emerge lo scheletro di una manovra "leggera" per famiglie e imprese ma "pesante" sul fronte della difesa

Manovra “leggera” per famiglie e imprese perché bisogna fare spazio alle spese militari. Lo spettro a lungo evocato in estate si materializza nel Documento programmatico di finanza pubblica, licenziato giovedì sera in Consiglio dei ministri. Il testo consente di avanzare due stime piuttosto sproporzionate tra di loro. La prima, la legge di bilancio partirà da una dote di circa 16 miliardi, che certamente si allargherà lungo il cammino ma che comunque rappresenta un incipit di grande prudenza. Di contro - seconda stima - le spese militari potrebbe ammontare a ben 23 miliardi nei prossimi tre anni.
Secondo l’Osservatorio Milex, pur non essendo ancora disponibili le tabelle di dettaglio collegate alla manovra, il Dpfp fa già capire cosa accadrà dal 2026 al 2028 sulla difesa. L’intenzione che emerge è quella di portare le spese militari dall’attuale target di 2% del Pil (circa 45 miliardi di euro all’anno) al 2,5% del Pil nel 2028 (cioè 61 miliardi di euro). Questo aumento, spiega Milex, comporterà un esborso aggiuntivo – rispetto a uno scenario di spesa costante al 2% del Pil aggiornato al suo crescente valore nominale – di quasi 23 miliardi nel triennio. Il Mef ha infatti annunciato che, se si uscirà dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, ci sarà un aumento delle spese in difesa del +0,15% del Pil nel 2026 e nel 2027, e del +0,2% nel 2028. L’aumento rispetto alla situazione attuale sarà di circa 3,5 miliardi di euro nel 2026, oltre 7 miliardi nel 2027 e infine oltre 12 miliardi nel 2028.
Numeri che impressionano. Specie se paragonati, appunto, alla dota iniziale della manovra che sarà varata dal governo e dalle Camere entro la fine dell’anno. Si parla di un bilancio da circa 16 miliardi di partenza, di cui oltre 6 miliardi di entrate e quasi 10 di interventi sulla spesa. Numeri che dovranno trovare conferma prima nel Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre e poi nella legge di bilancio vera e propria, attesa per il 20 in Parlamento.
Come noto, l’obiettivo principale è scendere sotto il 3% di deficit e dunque uscire dalla procedura d’infrazione europea. Un obiettivo di stabilità che stronca molti sogni. Quello che è certo dunque è che la manovra finanzierà interventi per un ammontare medio di «circa 0,7 punti di Pil», dice il Dpfp, pari appunto a poco più di 16 miliardi. Le coperture arriveranno da una «combinazione di misure dal lato delle entrate e, per circa il 60%, di interventi sulla spesa». Ovvero tagli ai ministeri, che scatteranno in base all’andamento del piano di monitoraggio, ovvero recuperando i soldi non spesi. Alla voce entrate, invece, potrebbe essere ascritto anche l’ipotetico contributo delle banche da cui ci si attenderebbero 2,5-3 miliardi.
La linea al ministero dell’Economia resta quella della prudenza, ma non convince le opposizioni. «Manca un’idea di crescita per il Paese», dice il capogruppo del Pd in Senato Francesco Boccia. Intanto il quadro tendenziale delineato dal Documento ottiene la validazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio: lo scenario è «accettabile», ma le stime - osserva l’Upb - sono esposte a «molteplici rischi», derivanti in gran parte dai conflitti e dalla dinamica degli investimenti.
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