Meloni-Sanchez, nasce il bipolarismo europeo

Il tycoon, come «re sole», obbliga i leader europei a decidere da che parte stare. Così su Israele, riarmo e “green” Bruxelles riscopre le ideologie e le opposte radicalità. Von der Leyen si barcamena
June 27, 2025
Meloni-Sanchez, nasce il bipolarismo europeo
Ansa | Meloni e Sanchez in un incontro istituzionale a Roma
Il combinato disposto del vertice Nato e del Consiglio Europeo ha visto realizzarsi pienamente nel cuore dell’Europa gli effetti politici del ciclone-Trump. Il «re sole » americano è riuscito a polarizzare luoghi- simbolo del pragmatismo e delle intese necessarie, costringendo i capi di governo del Vecchio Continente a rivestire abiti politici, a scegliere una parte, a polarizzarsi, anche a riprendere tra le mani l’armamentario dell’ideologia.
Questo eurobipolarismo indotto da Washington ruota, oggettivamente, intorno a due protagonisti: Giorgia Meloni a destra, Pedro Sanchez a sinistra. A partire dal capitolo armi: la premier italiana a L’Aia ha lavorato per blindare l’accordo che aveva preparato il segretario generale della Nato Mark Rutte, il leader spagnolo, pur siglandolo, ha passato il pre e il post vertice ad annunciarne la non-applicazione su scala nazionale. L’indomani, a Bruxelles, al vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri, parlando di Gaza, il premier di Madrid ha provato a creare un blocco per la disapplicazione dell’Accordo di associazione Ue-Israele, chiedendo la constatazione della violazione, da parte di Tel Aviv, dell’articolo 2, inerente il rispetto dei diritti umani. La presidente del Consiglio italiana è rimasta dalla parte di chi ritiene che non bisogna rompere i rapporti con Israele, appoggiandosi al cancelliere tedesco Friedrich Merz. Medesimo schema sulle politiche green dell’Unione: Meloni stabilmente alla guida del fronte che chiede drastici allentamenti degli obiettivi, Sanchez alla testa del drappello che non vuole arretramenti.
Sono vere tutte le letture che attribuiscono al leader iberico un atteggiamento “forte” in Europa e sui dossier esteri per affrontare le debolezze interne. Ma questo nuovo scenario sta iniziando a incidere sugli equilibri politici a Bruxelles. La leadership di Sanchez sta cambiando, ad esempio, l’atteggiamento di un pezzo del Pd (all’interno della famiglia dei Socialisti e democratici) verso il governo europeo di Ursula Von der Leyen. La segretaria dem Elly Schlein ha grossomodo annunciato che la posizione verso la presidente tedesca della Commissione è oggetto di valutazione. E tutta la sinistra italiana sta prendendo Sanchez a modello di “autonomia” rispetto a Washington, ponendolo in contrasto con la posizione di Meloni.
Proprio a margine del vertice Nato, la presidente del Consiglio, interpellata sulle parole di Sanchez contrario al target del 5% di Pil in armi, ha sornionamente riferito che «la Spagna ha fatto quello che abbiamo fatto noi, ha firmato, e non mi pare di aver sentito nell'intervento di nessuno questa mattina, in assemblea, dei toni polemici o dei distinguo». Insomma la sfida destra-sinitra a Bruxelles è in rampa di lancio. E rischia di aprire uno scenario nuovo. Il primo governo comunitario di Von der Leyen si è retto attraverso la cosiddetta «maggioranza Ursula», dai socialisti ai popolari. Questa seconda esperienza è invece più fluida: formalmente i confini politici della maggioranza sono gli stessi, ma nei fatti la politica tedesca, per necessità o per scelta, deve talvolta appoggiarsi anche ai Conservatori a guida meloniana. Gli stessi popolari del Ppe, veri architrave dell’Europarlamento, non disdegnano di voltare lo sguardo verso destra quando vogliono minimizzare l’apporto socialista. Anche i social risentono della nuova competizione bipolaristica tra Meloni e Sanchez.
A sinistra impazzano i video del leader di Madrid che, ostentatamente, al vertice Nato, si pone di lato nella photo-opportunity dei leader, come a prenderne le distanze. Di contro, il sorriso con cui la premier italiana si fa beffe del “firmo ma non attuo” del collega iberico fa incetta di “like” sulle pagine di destra. Anche fuori dai confini delle rispettive Nazioni Meloni e Sanchez diventa il riferimento di chi vuole serrare le fila a destra o sinistra. Giorgia la pragmatica, pupilla di Washington, che lancia il suo «make Europe great again», sfidando le «ecofollie» di Bruxelles e posizioni ritenute più emotive che diplomaticamente efficaci. Pedro l’antagonista, l’unico che non ci sta, che alza la voce, che si ribella a «paparino Trump» osannato da Mark Rutte, l’hombre vertical cui persino Giuseppe Conte, impegnato a intestarsi il pacifismo europeo, deve concedere in questo momento la fascia da capitano. Toccano corde diverse, i due leader che più si sono contrapposti nell’ultima settimana. E amplificano le divergenze. Anche se su Gaza, ad esempio, nella sostanza sono più vicini di quanto vogliono mostrare.
A L’Aia Meloni ha chiesto a Trump, anche con una certa determinazione, di intervenire su Netanyahu con la stessa veemenza dimostrata durante la crisi con l’Iran. Ma Sanchez gioca una carta non da meno, richiamando la dignità dell’Europa, in sostanza ritenendo lesivo dell’immagine dell’Unione non produrre un gesto chiaro di dissenso verso Israele, non solo a parole ma anche di efficacia pratica. Dove possa portare l’europolarizzazione è difficile dirlo. Difficile cioè prevedere se il gioco prenderà la mano, destabilizzando le già fragili istituzioni comunitarie, oppure alla fine tornerà a prevalere il senso pratico. Di certo Von der Leyen dovrà cambiare strategia. Sinora ha come puntato sulle divisioni dei socialisti (liberali versus radicali) per impostare una linea di governo moderata. Se Sanchez riesce a imporre alla sua famiglia politica una postura più “dura”, inevitabilmente l’abile e resiliente politica tedesca dovrà ricalibrare la sua azione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA