Mantovano sferza i giudici: «Loro hanno i pieni poteri»
Il sottosegretario a Palazzo Chigi replica alle accuse delle opposizioni sulla separazione delle carriere. L’Anm presenta il comitato referendario per il No

Nel day after del via libera in Senato al ddl costituzionale di riforma dell’ordinamento giudiziario, le forze politiche si organizzano per compiere i passi che porteranno al referendum confermativo, ipotizzato per marzo o aprile del prossimo anno. La maggioranza, che ci terrebbe a “mettere il cappello” anche sul percorso verso la consultazione, sta già lavorando per far partire da lunedì la raccolta di firme tra i propri parlamentari (ne occorrerebbero almeno 80 a Montecitorio o 40 al Senato, ossia quelle di un quinto degli appartenenti a una delle due Camere). Di converso, anche le opposizioni di centrosinistra non favorevoli alla riforma si sono mosse: i gruppi parlamentari di Pd, M5s e Avs hanno inviato due lettere, identiche nel testo, al segretario generale della Camera e a quello del Senato per avviare a loro volta la raccolta delle firme per la richiesta del referendum.
Nel dibattito politico di giornata, il solco fra le opposte visioni resta profondo. Da un lato, il vicepremier Matteo Salvini ammonisce: «Giudicheranno i cittadini, separare le carriere è normale, chi si lamenta sono i giudici politicizzati, ce ne sono un manipolo che vogliono fare politica». Rincara la dose il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, magistrato di lungo corso: «I pieni poteri sono di chi per via giudiziaria blocca la politica dell’immigrazione impedendo le espulsioni perché nessuno Stato tra quelli di provenienza dei migranti irregolari è sicuro», osserva, intervistato da Bruno Vespa su Raiuno, in risposta agli affondi del Pd su un presunto autoritarismo meloniano. I pieni poteri, prosegue, «sono di chi a fronte di 262 persone denunciate per i disordini di qualche settimana fa nel centro di Roma non dà nessun seguito di indagine e rilascia in libertà gli unici due arrestati». A suo parere, «quando una Procura è forte e il gip ha poco tempo per leggere gli atti, la risposta è affermativa». Mantovano ritiene che la riforma del sorteggio per i due Csm sarà utile: «Non ci illudiamo che le correnti scompariranno, ma avranno un gioco più limitato e aumenterà il peso del merito».
Sul versante opposto, ribatte il leader pentastellato Giuseppe Conte, la nuova legge «non migliorerà la giustizia per i cittadini e anzi stravolgerà la Costituzione per mettere i pm sotto il tacco del governo di turno», si tratta di «un atto di ritorsione del centrodestra che vuole sbarazzarsi di quello che considera un intralcio, il potere giudiziario», che «ricorda a Meloni, Salvini e Tajani che governare non significa poter fare tutto quello che si vuole». Tagliente pure la segretaria dem Elly Schlein, convinta che la riforma «serve a chi ha già il potere».
Nell’agone del confronto referendario entra ufficialmente anche l’Associazione nazionale magistrati, presentando in Cassazione il proprio «Comitato a difesa della Costituzione e per il No al referendum» e il suo «presidente onorario» Enrico Grosso, avvocato e professore ordinario di Diritto costituzionale all'università di Torino. «Siamo disponibili a un confronto con tutti, anche con la premier Meloni e l’esecutivo», afferma. Un’apertura a un primo faccia a faccia televisivo coi vertici dell’Anm (Sky Tg24 si è proposto per ospitarlo) era già giunta giovedì dal Guardasigilli Carlo Nordio. «Noi ci saremo», conferma il segretario dell’Anm Rocco Maruotti, dando poi voce al vero timore dei magistrati che rappresentano gran parte delle 9.500 toghe italiane: «Sarà difficile spiegare ai cittadini i contenuti tecnici, sarà un confronto bello e importante, ma difficile. Temo - conclude - che il rischio di ragionare per slogan sia l’esito della battaglia sul referendum».
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