La scossa di Trieste: "cattolici e politica", è iniziata una fase nuova
La Settimana sociale è stata uno spartiacque. Da un lato la rete trasversale degli amministratori cristiani, dall'altro le iniziative nei partiti per recuperare i valori del cattolicesimo politico

Era probabile, ma non certo. Era probabile che la Settimana sociale di Trieste, aperta da Mattarella e chiusa da papa Francesco, vivacizzata da una folta presenza giovanile e femminile, arricchita da decine di esperienze e pratiche “dal basso”, era probabile si diceva che un evento del genere potesse rafforzare la fiamma del lungo e fecondo rapporto tra cattolici e politica. Ma non era certo: perché già tanti sono stati, in questo ambito, i fuochi di paglia spentisi con mezza brocca d’acqua. A più di 6 mesi dall’appuntamento triestino, si può dire che i percorsi di partecipazione al bene comune sono in crescita e non, come accade dopo i “grandi eventi”, nella tradizionale fase di stanca.
La "rete di Trieste": incontro nazionale il 14-15 febbraio
Due sono gli elementi che consentono di trarre una linea di fiducia (pur sempre precaria, perché precari sono i tempi in cui viviamo). Il primo, la “rete di Trieste”, la rete cioè degli amministratori locali che si è autoconvocata a luglio a margine dei lavori della Settimana sociale, è davvero a un passo dal primo incontro nazionale (il 14-15 febbraio, a Roma) in cui fissare i paletti del cammino futuro. Oggi la “rete” è una chat di quasi 500 amministratori locali di diversa appartenenza politica che hanno in comune un dato essenziale: essersi formati dal punto di vista sociale e politico nelle associazioni ecclesiali, che infatti accompagnano concretamente la rete. Si tratta dunque di amministratori che provengono dall’Azione cattolica, dall’Agesci, dal Movimento dei Focolari, da Comunione e liberazione, da Rinnovamento nello Spirito, dalla Comunità di Sant’Egidio, dalle Acli, da Mcl. C’è chi milita convintamente in partiti nazionali di centrosinistra, centro e centrodestra, c’è chi ha animato esperienze di liste civiche, c’è chi ha messo in piedi strutture politiche a livello cittadino, provinciale e regionale. L’obiettivo, più volte ribadita dal coordinatore Francesco Russo, ex senatore e attuale vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, non è quello di fondare un partito o partecipare a una corrente, ma offrire un luogo a tanti che soffrono la morsa di un bipolarismo che non fa ostaggi, e che spesso allontana tra di loro anche i credenti impegnati nei diversi schieramenti. Un lavoro possibile, se il focus sono le città, le amministrazioni locali, con le loro esigenze concrete e strutturalmente “bipartisan”.
I partiti e la voglia di "centro"
Questo il primo segno di fiducia. Il secondo, distinto e non confondibile con il primo, è il forte rianimarsi del dibattito sul ruolo dei cattolici dentro i partiti e dentro i due poli. È vero che di per sé le leadership politiche nazionali vedono spazi di espansione elettorale al “centro” e cercano rimedi alla piaga dell’astensionismo, ma anche Trieste ha avuto il merito di “scuotere” i credenti che abitano dentro case politiche plurali. Soprattutto facendo emergere una esigenza di rappresentanza più forte e chiara.
Il cambiamento di pelle di Forza Italia
Già in estate, fronte centrodestra, si è visto, soprattutto in Forza Italia, il desiderio di andare a occupare spazi inediti per il polo più conservatore: la cittadinanza ai minori stranieri, la dignità nelle carceri... Battaglie che però ancora faticano a farsi spazio in un campo in cui le istanze più radicali (comprese alcune legate alla sfera etico-religiosa) sono forti, specie dopo il ritorno sulla scena americana e globale di Donald Trump.
Comunità democratica e Libertà eguale, la sfida dentro il Pd
Simmetricamente, Trieste ha “scosso” i cattolici del centrosinistra, in particolare chi milita nel Pd. Da Trieste è salita una domanda di pace, di diritti sociali, anche la volontà di porre contrappesi chiari alla deriva individualistica dei diritti civili, la necessità culturale di rafforzare la voce del cattolicesimo democratico, popolare e sociale, decisivo per la crescita del Paese.
La pietra ha mosso lo stagno. Dapprima il caso-Ruffini, il caso dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate che ha lasciato l’incarico ed è stato indicato come uno dei possibili “federatori” del campo largo. Poi la doppia iniziativa lanciata per sabato prossimo, a Milano dai Comunità democratica e a Orvieto da Libertà eguale. Due approcci diversi. La prima iniziativa è finalizzata a evidenziare la matrice “popolare” del Pd, quindi ha tratti più “identitari”, se così si può dire. I principali riferimenti sono Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Pierluigi Castagnetti, Stefano Lepri, ma ha garantito la presenza in videocollegamento anche Romano Prodi. Lo stesso Ruffini dovrebbe essere sul palco. “Libertà eguale” invece ha un altro focus: connettere coloro che hanno a cuore la liberaldemocrazia assalita da sovranismi e populismi. Ma tra i riferimenti, insieme a Enrico Morando che viene da una storia di sinistra liberale, ci sono comunque cattolico-democratici come Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini. Guest star sarà Paolo Gentiloni, a riprova che trasversale tra le due iniziative è la ricerca di personalità che facciano da “sintesi” in un Pd che rischia di polarizzarsi al suo interno. In ogni caso, né Milano né Orvieto sono per un nuovo partito al centro oppure al centro del centrosinistra. E perciò, dopo le critiche che gli organizzatori hanno ricevuto per aver messo in campo due appuntamenti non così dissonanti nella stessa data, è arrivata la decisione di vivere un momento comune a distanza, con gli interventi di Castagnetti da Milano e Tonini da Orvieto a beneficio di entrambe le platee. È anche il segnale che i due movimenti non vogliono aprire una competizione tra di loro, meno che mai contro i dem. Perché poi in fondo l’idea di un soggetto autonomo può anche veleggiare nelle riflessioni teoriche, ma trova un ostacolo al momento insormontabile, almeno a livello nazionale, nella legge elettorale. Ma sui territori potrebbe essere diverso.
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