La dispersione in calo, i divari no: la scuola italiana sta un po' meglio
Il Rapporto Invalsi 2025 mostra un deciso cambio di passo sulla dispersione scesa al 9,8%, con un anno di anticipo rispetto all'obiettivo Pnrr 2026 del 10,2%. Resta la sfida dell'equità

La scuola italiana è diventata più inclusiva, più capace, cioè, di «trattenere» un numero maggiore di studenti rispetto al recente passato e ora deve essere in grado di vincere anche la sfida dell’equità, garantendo un apprendimento di qualità per tutti. E colmando i divari territoriali che ancora frenano lo sviluppo di larga parte del Paese, soprattutto nelle regioni meridionali, con il Sud e Isole che, per esempio, totalizza 27 punti in meno in Matematica rispetto al Nord-Ovest. È questo, in estrema sintesi, il “messaggio” che arriva dai risultati delle prove Invalsi 2025, cui hanno preso parte più di 2,5 milioni di alunni, dalla seconda primaria alla quinta superiore. Una cartina di tornasole dello stato di salute del nostro sistema nazionale d’istruzione che, finalmente, sembra in deciso miglioramento.
Il primo dato che evidenzia questo cambio di passo è quello relativo alla dispersione scolastica esplicita. Nel 2024, il tasso di Elet (18-24enni che hanno completato al massimo la scuola secondaria di primo grado e che non stanno frequentando una scuola o un corso di formazione professionale) si è attestato al 9,8%, anticipando di un anno il 10,2% fissato come target Pnrr 2026. Anche il traguardo Ue 2030 del 9% sembra ora a portata di mano. Sulla base delle stime Invalsi, relative ai 18-20enni, la quota di Elet tende, infatti, all’8,3%.
«Questo dato ha una valenza sociale enorme – esulta il presidente dell’Invalsi, Roberto Ricci -. Una maggiore partecipazione di studenti alla scuola significa una maggiore partecipazione di cittadini alla vita della società».
Aver «allargato» la platea di giovani che rimangono tra i banchi (tra il 2019 e il 2025 la quota di “regolari” alle scuole superiori è aumentata del 4,1%) ha comportato, però, un aumento della dispersione ׅ“implicita”. Quella, cioè, che misura la quota di studenti che, pur raggiungendo il diploma, non ottengono i risultati degli apprendimenti attesi per il relativo livello scolastico. Dal 6,6% del 2024, la dispersione implicita è risalita, nel 2025, all’8,7%, ritornando a livello del 2023, ma comunque meno del 2022 (9,7%) e del 2021 (9.8%). «Ma il trend di medio periodo resta in calo in particolare nel Mezzogiorno», si legge nel Rapporto. In alcune regioni (per esempio Puglia, Basilicata e Calabria) si osservano, anzi, segnali di contenimento della dispersione implicita, soprattutto laddove sono state attivate azioni di accompagnamento a supporto delle scuole. Come, per esempio, Agenda Sud.
L’ampliamento della platea studentesca ha avuto inevitabili ripercussioni anche sul livello di studenti “accademicamente eccellenti”. Dal 15,1% del 2024 si è passati al 12,3%, livello più basso dal 2019, quando tale livello raggiunse il 18,3%. Questa tendenza è osservabile in tutte le aree del Paese. «L’acquisizione al sistema scolastico di maggiori quote di giovani rispetto al totale della popolazione di riferimento pone un più generale problema di competenze, il cui calo complessivo si riscontra anche a livello internazionale – commenta il presidente Ricci -. Sono necessari interventi che agiscano nel profondo della vita scolastica, con il massimo della granularità (per esempio, Agenda Sud, Agenda Nord, Piano estate, miglioramento delle infrastrutture, formazione del personale, coinvolgimento dell’intera società partendo dalle famiglie, attenzione ai contenuti d’insegnamento ecc.)».
In definitiva, si legge nel Rapporto, «la sfida dei prossimi anni sarà garantire che questo ampliamento della partecipazione scolastica si traduca anche in un miglioramento degli apprendimenti per tutti, assicurando equità, qualità e inclusione come pilastri fondamentali del sistema educativo italiano».
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