Il no al terzo mandato e le riforme rinviate: la maggioranza è in stallo?
Al Senato bocciato il quinto tentativo della Lega. Calderoli: amarezza. Tajani: non succede nulla. Ma premierato e separazione delle carriere spostate a settembre. Ora rush finale per le candi

Puntuale, è arrivato l'ennesimo "no" di legislatura alla proposta leghista di prevedere un terzo mandato per i governatori. Una norma che sarebbe servita al veneto Zaia e al campano De Luca (e in futuro ad altri loro colleghi) per ripresentarsi alle prossime elezioni regionali d'autunno. L'emendamento del partito di Salvini era stato presentato al Senato nell'ambito del ddl in materia di adeguamento del numero di consiglieri e assessori regionali. La commissione Affari costituzionali è stata implacabile, con il governo che, pilatescamente, si era rimesso alla volontà dei senatori: 15 voti contrari, 5 voti favorevoli (Lega, Autonomia e Italia Viva) e 2 astenuti (il presidente Alberto Balboni e Domenico Matera, entrambi di Fdi).
Proprio il meloniano Balboni si prende il compito, a fatti compiuti, di chiudere il caso a tempo indeterminato: "Il tema esce di scena, poi in futuro si vedrà...". FdI è stata sempre fieramente contraria al terzo mandato, al punto che la premier Giorgia Meloni si è spesa in prima persona per impugnare la legge campana che aveva dato il via libera a De Luca. Spalleggiata, su questo dossier, da Antonio Tajani e Forza Italia. La Corte costituzionale ha dato ragione al governo, e torto alla Campania. Riaffermando un dato ovvio: c'è una legge nazionale che fissa il limite dei due mandati, o si cambia la legge o la si rispetta. Il terzo mandato era, è e resta motivo di tensione per il centrodestra anche in Trentino e in Friuli Venezia Giulia.
In realtà a cambiare la legge la Lega ci aveva già provato diverse altre volte, con emendamenti respinti dal voto trasversale di maggioranza e opposizione. Altri tentativi erano stati stoppati sul nascere perché andavano a inserire norme elettorali in decreti omnibus. L'ultimo tentativo bocciato oggi al Senato nasce da un fatto politico nuovo: poche settimane fa, FdI ha lievemente cambiato linea, dicendosi disponibile a ragionare. Si è ben presto capito che il partito di Meloni non voleva offrire a Salvini un pretesto per litigare, lasciando a lui l'onere di fare un ultimo forcing a favore del compagno di partito Zaia. La bocciatura in commissione Affari costituzionali paradossalmente salva un po' tutti: Salvini risulterà leale fino in fondo a Zaia, FdI non ha alzato muri, Forza Italia resta coerente sulla sua posizione (forse vendicandosi anche dei ripetuti "niet" leghisti sulla cittadinanza).
Dietro la storia infinita del terzo mandato si cela il grande risiko delle candidature alle prossime Regionali in Veneto, Campania, Puglia, Toscana, Marche (e Valle d'Aosta). Sinora sia centrodestra sia centrosinistra erano bloccati dalle aspettative di conferma di Zaia e De Luca. Ora si attende il rush finale, con FdI e FI che vogliono insidiare le caselle leghiste al Nord e M5s che pretende spazi al Sud, specie in Campania.
Subito dopo il voto in commissione Affari costituzionali, si è aperta la domanda: la Lega potrebbe mai aprire una crisi sul terzo mandato? Magari unendo il disappunto su questo tema al disappunto su armi e prossima legge di bilancio. Salvini tace ostinatamente (anche sul riarmo). La prima dichiarazione del ministro per gli Affari regionali, l'esperto Roberto Calderoli, è all'insegna della prudenza: "La nostra posizione è assolutamente evidente, è la quinta volta che presentiamo l'emendamento, c'era stata anche un'ipotesi di un potenziale accordo che non si è trovato e con amarezza devo dire che oggi è stato bocciato per la quinta volta. Comunque io ritengo che il terzo mandato sia giusto non solo a livello delle Regioni e Provincie a statuto speciale, ma anche per quelle ordinarie". Calderoli ha poi aggiunto: "Ci sono state due astensioni di Fratelli d'Italia. Ho apprezzato la disponibilità all'affrontare l'argomento e a trovare delle possibili soluzioni. Non ho apprezzato il muro eretto da Forza Italia. Non è una questione di politica e di governo, però non ho apprezzato questo gesto".
Tajani, chiamato in causa, getta acqua sul fuoco: "Non succede assolutamente nulla. Non è che il centrodestra si fonda sul terzo mandato, siamo un'alleanza politica a differenza della sinistra che a volte è un'alleanza elettorale, la nostra coalizione si basa su accordi politici, sulle questioni della giustizia, sulla riforma del premierato, sulla riforma dell'autonomia, quindi su questioni serie e importanti che riguardano sulla politica industriale, il sostegno alle imprese, la riduzione della pressione fiscale. Il terzo mandato e è una regola che può piacere a qualcuno, può non piacere ad altri, ma se una coalizione si reggesse sul terzo mandato sarebbe veramente una coalizione ridicola. Noi andiamo sempre insieme, siamo uniti dal 1994, quindi non è il tema del terzo mandato. Siamo partiti diversi, abbiamo idee diverse".
Ma proprio le parole di Tajani aprono un'altra riflessione: se è vero che il centrodestra condivide un programma, è altrettanto vero che proprio ieri sono state rinviate a settembre sia la riforma del premierato sia la riforma della giustizia con la separazione delle carriere. Sui dossier interni, è legittimo dire che in questo momento il governo e la maggioranza vivono uno stallo.
Attenzione però. Mentre le opposizioni ironizzano sulla “lite per le poltrone” della maggioranza, c’è un protagonista del dossier che non si arrende: Vincenzo De Luca. Preso atto del voto al Senato, chiede al presidente della Conferenza Stato-Regioni, il presidente del Friuli Venezia Giulia Fedriga, di farsi portavoce presso il governo di un “breve rinvio” per scadenze urgenti, tra le quali il Pnrr. I governatori si spaccano. Fedriga è con De Luca, aggiungendo l’elemento del “bilancio provvisorio” in cui incapperebbero le cinque Regioni al voto in autunno (oltre a Veneto e Campania, anche Puglia, Marche e Toscana, oltre alla Valle d’Aosta). In ogni caso il rinvio non passa, anche se Fedriga vuole parlarne direttamente con Meloni. Ma sembrano mosse della disperazione. Il toscano Giani dice apertamente che lui è pronto a indire le urne per il 12 o 19 ottobre e offre una lettura legittima: a suo avviso, chi punta ai 6 mesi di proroga spera di riaprire per la sesta volta la questione del terzo mandato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA





