Foti: «Sono pronto a un confronto con i vescovi sulle aree interne»

Il ministro per la Coesione e gli Affari europei: «Il governo non ha intenzione di abbandonarle. Il tema non fu valorizzato nel Pnrr del 2020. Noi abbiamo quasi raddoppiato i territori interessati
August 28, 2025
Foti: «Sono pronto a un confronto con i vescovi sulle aree interne»
Ansa | Il ministro delle Politiche di coesione e gli Affari europei Tommaso Foti
Titolare degli Affari europei, delle Politiche di coesione e dell’attuazione del Pnrr, Tommaso Foti, ha letto con «grande attenzione» la lettera aperta della Conferenza episcopale italiana sulle aree interne e la considera un «contributo prezioso» rispetto a una questione «annosa» e «cruciale» per il Paese. Il ministro ha già risposto con una lettera diretta ai vescovi e li invita a un incontro per valutare le loro proposte. Ma tiene anche a fare alcune precisazioni.
Ministro, cosa ritiene di dover chiarire?
Quando nel documento si parla di «suicidio assistito delle aree interne» si fa riferimento a un passaggio del Piano strategico nazionale che richiama due studi, del Censis e del Cnel. Questi vanno considerati come contributi, approfondimenti, che però non hanno condizionato la stesura e non rappresentano gli obiettivi del Piano.

Insomma, l’obiettivo del governo non è quello di accompagnare un processo di spopolamento che si ritiene irreversibile.
No, aggiungo che il Piano, che conteneva quel passaggio riferito ai due studi, è stato approvato non dal governo in sé, ma dalla cabina di regia che comprende anche Comuni, Regioni, Province e Uncem. Tutti hanno votato a favore e nessuno ha fatto osservazioni sui paragrafi in questione. Perché si riteneva fosse chiaro che ci si riferiva agli studi di cui sopra. Ma proprio per evitare dubbi, il 31 luglio abbiamo riconvocato la cabina di regia e abbiamo stralciato i due paragrafi mantenendo i due studi come allegati. Non si tratta di linee programmatiche.

Quindi non c’è una resa del governo su questa questione.
Esatto. Prova ne sia che rispetto alla programmazione precedente il numero di aree interne interessate dal Piano è passato da 72 a 123 e quello dei Comuni interessati da 1.060 a 1.800, parliamo di 4 milioni di persone. Personalmente sono pronto a un incontro con i vescovi per capire come condividere l'obiettivo comune di una ripartenza delle aree interne. Ma quanto del Pnrr è destinato alle aree interne? Ci sono delle misure dedicate. Ma chi ha scritto il Piano nel 2020 non ci ha pensato poi molto. Inoltre va ricordato che molti progetti sono stati presentati direttamente dai Comuni e bisogna capire cosa si intende per aree interne: nella categoria rientrano anche grandi centri, non solo quelli a rischio spopolamento e i territori che ne fanno parte sono molto diversificati.

Passiamo al tema Ucraina. Giovedì c’è stato un nuovo attacco della Russia e ha coinvolto anche strutture dell’Ue. Qual è l’obiettivo di Mosca secondo lei?
Mi pare evidente che la Russia stia spingendo sull’acceleratore per conquistare quanti più territori possibili. Ma così diventa difficile realizzare un percorso verso la pace. Dopo gli incontri di Washington era lecito aspettarsi, se non un cessate il fuoco, almeno uno spazio di distensione rispetto all’attività militare. Quei colloqui erano figli di una premessa diversa: la disponibilità di Putin a sedersi a un tavolo. Ma a questo punto mi pare ovvio che Putin non vuole un accordo di pace.

Meloni e Salvini si sono dichiarati d'accordo con quanto detto da Draghi al Meeting di Rimini rispetto al rischio di irrilevanza dell'Unione Europea. Lo crede anche lei?
Faccio presente che forse è Draghi ad essersi allineato alle posizioni di Meloni. La premier aveva evidenziato un ruolo non incidente dell’Ue già nel 2015, quando le posizioni di molti erano assai diverse. A mio avviso, negli ultimi anni l’Ue si è concentrata troppo sulle regole, sulla burocrazia e su provvedimenti che potevano anche avere un fondamento. Ma se diventano l'unica azione possibile è chiaro che il peso politico ne risente. Diciamo la verità: per troppo tempo l’Ue ha affidato una parte della sua sicurezza agli Stati Uniti, ma anche al portafoglio delle degli Stati Uniti. Anche se era chiaro che si sarebbe arrivati a un punto in cui l'Europa avrebbe dovuto pensare a difendere se stessa. Il problema è che nessuno aveva ipotizzato un cambiamento geopolitico così veloce. Abbiamo trascurato lo sviluppo tecnologico, industriale ed energetico. E la libertà di una nazione passa anche da questo. Pensiamo al quadro di approvvigionamento italiano all’epoca dell’invasione russa. Fortunatamente abbiamo avuto la capacità di superare questa situazione cambiando fornitori. Ma serve un’autonomia più ampia e il “Piano Mattei”, per esempio, va verso questa direzione.

Si parla di un intervento di una forza di interposizione europea, Francia e Inghilterra la caldeggiano. E si è parlato anche di un intervento italiano per lo sminamento del territorio. Come stanno le cose?
Allo stato siamo in un teatro di guerra e la risposta del governo italiano è chiara: non partecipiamo a una missione in un teatro di guerra. La disponibilità allo sminamento è un’altra cosa. Ma al momento è prematuro parlarne.

Cambiando tema: Matteo Salvini sembra intenzionato a non rinunciare a un leghista per il dopo Luca Zaia in Veneto. FdI si batterà su questo fronte?
Guardi, FdI è il primo partito in Veneto e ha il 36% dei voti: abbiamo argomenti per sostenere una nostra candidatura, ma il problema non è mettere una bandierina, ma sostenere la coalizione per dare il miglior governo possibile alle Regioni chiamate al voto. E poi le assicuro che il Veneto è un problema più per il centrosinistra, perché lì vinceremo senza dubbio.

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