Festa e tensioni, a Budapest il Pride supera i divieti di Orbán

La manifestazione si è svolta con la "scorta" di 70 europarlamentari. In Ungheria anche Schlein e Calenda: qui per l'Europa dei diritti. Autorizzati controcortei dell'estrema destra
June 27, 2025
Festa e tensioni, a Budapest il Pride supera i divieti di Orbán
Ansa | Il passaggio del Pride di Budapest sul Ponte Elizabeth con la bandiera dell'Europa
Il giorno di Budapest, alla fine, si è concluso pacificamente. Il livello di tensione ieri nella capitale magiara era altissimo: c’erano i cittadini ungheresi con le loro bandiere del Pride, sventolate in barba ai divieti governativi di Viktor Orbán, c’erano più di 70 eurodeputati provenienti da tutto il Vecchio Continente, c’erano Elly Schlein e Carlo Calenda, ma c’era anche l’ultradestra. Due i controcortei autorizzati dalla polizia magiara, uno ha provato a occupare la piazza di partenza del Pride, l’altro, organizzato dal partito estremista Patria Nostra, ha bloccato con le auto il ponte di Szabadsag, tappa importante del corteo che ha dovuto deviare il percorso. «Se la polizia non fa nulla per impedire la marcia Lgbt, faremo noi con i nostri mezzi», ha spiegato Elod Novak, deputato di Patria Nostra.
Insieme agli estremisti che cercavano lo scontro c’erano anche le telecamere della polizia, disposte lungo tutto il percorso della parata, che scrutavano dall’alto i manifestanti e forse li identificavano. Il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, che ha acconsentito alla manifestazione nonostante il divieto, è stato accolto come l’eroe del giorno e ha guidato la parata. Una fiumana di decine di migliaia di persone ha sfilato pacificamente per il centro città, anche se a un’ora dall’inizio del corteo la polizia ha diffuso una nota lamentandosi del fatto che gli organizzatori «del corteo vietato» non collaboravano.
Insieme alle bandiere Lgbt c’erano anche tanti cartelli contro il premier Orbán, come era prevedibile, ma anche contro la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen: «O proteggi Orbán o la democrazia». Il premier ungherese non ha rilasciato dichiarazioni, mostrando di ignorare la parata e pubblicando una foto con i nipoti. «Oggi non credo capiterà alcun incidente: siete venuti in troppi dall’estero. Orbán non vuole fare una brutta figura in mondovisione», ha commentato una giovane manifestante dal cuore del corteo. Tra coloro che contestavano il Pride c’era anche un gruppo di cittadini ungheresi che esibivano la Bibbia e che i media locali hanno indicato come «cattolici integralisti».
Secondo gli organizzatori, il Pride di ieri è stato il più grande nella storia della città: tra comuni cittadini, eurodeputati, politici e attivisti - presente anche Greta Thunberg - si parla di quasi 200mila manifestanti. «Grazie, Viktor Orbán, di aver fatto pubblicità ad una società più tollerante», ha ironizzato il sindaco della capitale magiara al termine della parata.
In Italia, dove ieri si sono svolti in contemporanea con Budapest sei cortei Lgbtq+, tra cui il Pride di Milano, i partiti della maggioranza non hanno commentato l’evento, mentre la delegazione del campo largo in Ungheria ha espresso soddisfazione. Secondo alcune fonti presenti 13mila italiani. «Oggi in piazza a Budapest per dire Sì all’Europa dei diritti e No all’Europa di Orbán, ai suoi rapporti privilegiati con Putin», ha spiegato il leader di Azione, Carlo Calenda. E «siamo qui per la libertà e la democrazia», ha rimarcato Elly Schlein. «Tu non puoi vietare l’amore per legge. Non puoi cancellare l’identità delle persone, il nostro corpo. Vietare il Pride - ha concluso la segretaria del Pd - è una violazione dei diritti costituzionali europei». Per la delegazione M5s è la «risposta dell'Europa sana».
Tra gli assenti l’eurodeputata di Avs Ilaria Salis, la cui immunità è a rischio di revoca dietro richiesta di Budapest. Salis ha deciso di non esserci anche per non nuocere alla causa di Maja, antifascista tedesca ancora detenuta in Ungheria e attualmente in sciopero della fame.
La premier Giorgia Meloni non ha commentato i fatti di Budapest. Anche se nei giorni scorsi il suo partito si è trovato al centro delle critiche della Lega perché i sindaci meloniani di Pistoia e Piombino hanno concesso il patrocinio al “Toscana Pride party”. La Lega invece ha postato un’immagine di Schlein e Calenda definendoli «in gita a Budapest». Mentre fanno ancora rumore le parole di Roberto Vannacci, che da un evento pugliese aveva ironizzato sui partecipanti ai Gay Pride: «Chi dovremmo mandare in guerra, loro?», suscitando lo sdegno dell’opposizione.

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