Almasri: la Camera dice no al processo
Più di 250 deputati negano l'autorizzazione a procedere per Nordio, Piantedosi e Mantovano. Meloni presente. Nordio: risultato oltre le aspettative

Hanno agito con correttezza. Per il caso Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica Almasri, fermato in Italia e poi ricondotto dall’Italia a Tripoli con un volo di Stato, nonostante fosse colpito da un mandato d’arresto della Corte Penale di Giustizia dell’Aia, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, quello dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano non vanno mandati a processo. La Camera dei deputati ha infatti detto no all’autorizzazione a procedere per tre rappresentanti del governo. L’Aula, dove poco prima del voto è arrivata anche la premier Giorgia Meloni, con tre voti a scrutinio segreto per Nordio ha negato l’autorizzazione proposta dalla Giunta con 251 sì e 117 no, mentre per Piantedosi i sì sono stati 256 e i no 106. Per il sottosegretario Mantovano i sì alla negazione dell’autorizzazione a procedere sono stati 251 e i no 112 (non 252 come proclamato).
Sarebbero una ventina i deputati della minoranza che hanno votato no all'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, compresi quelli di Italia viva, una quindicina quelli che invece hanno detto sì al diniego per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.Il centrodestra contava infatti su una base di partenza intorno ai 230-235 voti. Un esito del voto «oltre le aspettative», il commento perciò a caldo del ministro Nordio, secondo cui «da modesto giurista lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati». In più, si dice soddisfatto anche perché il risultato è andato anche «oltre, numericamente, a quella che era l'aspettativa della maggioranza parlamentare: ciò significa che anche da parte di alcuni dell'opposizione vi è una riluttanza ad affidare alle procure della Repubblica delle competenze che dovrebbero essere squisitamente politiche». Inoltre, spera che anche il caso del suo capo di gabinetto Giusi Bartolozzi, indagata dalla procura di Roma per false dichiarazioni, «si chiuda così come questo».
La votazione è stata accolta da un applauso proveniente dai banchi del centrodestra, tra le proteste delle opposizioni. La prima a complimentarsi dell'esito con i due ministri che le sedevano vicini è stata la premier Giorgia Meloni, che ha votato dal banco del governo e che ha lasciato subito dopo l'Aula. Ma non sono mancati momenti di tensione, Riccardo Ricciardi (M5s), intervenendo sull'ordine dei lavori, ha invitato Meloni a «tornare in Aula» più spesso, «non solo per salvare i suoi ministri dal processo per aver salvato con i soldi pubblici uno stupratore, ma di venire più spesso, visto che non è venuta quando glielo abbiamo chiesto per parlare del genocidio, per parlare dei nostri concittadini della Flotilla, per parlare dei dazi che stanno soffocando famiglie e imprese; torni in aula per parlare di cose vere».
La soddisfazione della maggioranza
La maggioranza invece ha dimostrato «una compattezza straordinaria, una sonora smentita a chi continua a parlare del centrodestra come di una coalizione divisa», sottolinea Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento.Una situazione infatti definita «lunare» da Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Forza Italia, la pretesa di aprire un processo contro membri del governo per decisioni prese con l'esclusivo interesse di garantire la sicurezza dei cittadini e del Paese. «Il Parlamento – prosegue - ha rispedito al mittente l'ipotesi di ricorrere al giudice penale per vicende esclusivamente politiche, violando dunque il principio di separazione tra i poteri, con un voto chiaro, limpido e di buon senso».
Le reazioni dell’opposizione
«I ministri Nordio e Piantedosi, il sottosegretario di Palazzo Chigi Mantovano sono stati salvati dal voto della loro maggioranza ma hanno ammesso di aver mentito di fronte al Parlamento. In un Paese normale si sarebbero dovuti dimettere un secondo dopo», sostiene Nicola Fratoianni di Avs. «Il governo Meloni ha scritto una pagina buia della nostra Repubblica- tuona Angelo Bonelli coportavoce di Europa verde - delegittimando il diritto internazionale e la Corte penale internazionale che indagava su un criminale libico responsabile di torture e stupri. In Parlamento avete costruito una strategia della bugia e della menzogna».
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