martedì 31 luglio 2018
Oggi festa e preghiera per decine di migliaia di ragazzi e ragazze tra i 13 e i 23 anni provenienti da 18 Nazioni per il XII Pellegrinaggio internazionale dei ministranti
Papa Francesco incontra 60mila chierichetti
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Se è sempre contento di andare a Messa. Se conosce il turibolo e l’ostensorio. Se sa persino che il prete si veste di verde nel tempo ordinario, e di viola in Avvento e Quaresima, beh quel ragazzino o quella ragazzina quasi certamente fa il chierichetto. O meglio, per dirlo in modo più corretto, è un “ministrante”. Servizio, impegno, testimonianza che, anche se vissuti da adulto, portano con sé il volto gioioso della celebrazione, il gusto della festa, il seme buono della gratitudine. A ben vedere gli elementi che fanno della Messa un grande momento comunitario, nel segno della lode a Dio e dell’ascolto della Parola. E che saranno ingredienti, almeno si spera, del grande “XII Pellegrinaggio internazionale dei ministranti” che si è aperto domenica a Roma per concludersi il 3 agosto, con al centro l’udienza del Papa in programma oggi, martedì 31 luglio, alle 18 in piazza San Pietro.

Guidati dal motto: cerca la pace e perseguila

Sarà un grande raduno “giovane” e, perché no? anche un po’ caciarone, colorato dalle bandiere e dalle lingue di 18 Paesi diversi, tra i quali Antigua e Barbuda, animato dalla rumorosa voglia di conoscersi e giocare di almeno 60mila ragazzini e ragazzine tra i 13 e i 23 anni. A riunirli, il motto, tratto dal Salmo 34: “Cerca la pace e perseguila”. In un contesto internazionale segnato dalla paura che fa alzare muri, che arma le parole contro gli ultimi del mondo, i ministranti sono invitati a lavorare alla costruzione di una comunità che sappia andare oltre le frontiere, capace di riunire il domani del mondo al servizio di Gesù, fratello, amico, Signore. Perché al di là dell’età fresca di chi lo svolge, il servizio all’altare del “chierichetto” è esercizio di responsabilità, chiamata all’impegno, invito alla testimonianza anche al di fuori della celebrazione.

Il servizio all'altare e l'attenzione all'altro

«Com’è bello – disse papa Francesco ai ministranti il 4 agosto 2015 – scoprire che la fede ci fa uscire da noi stessi, dal nostro isolamento e, proprio perché ricolmi della gioia di essere amici di Cristo Signore, ci fa muovere verso gli altri, rendendoci naturalmente missionari: ministranti missionari, così vi vuole Gesù». Il raduno di Roma vuol essere proprio un richiamo a questi due principi. Da una parte il servizio all’altare, dall’altro l’attenzione, naturalmente commisurata all’età, verso chi fa più fatica. Non “vocazioni” differenti ma “chiamate” strettamente collegate tra loro, che si sostengono reciprocamente. «Anche i ministranti, i lettori, i commentatori e i membri della "schola cantorum" – sottolinea la Costituzione Sacrosanctum Concilium – svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con quella sincera pietà e con quel buon ordine che conviene a un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che tali persone siano educate con cura, ognuna secondo la propria condizione, allo spirito liturgico, e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine».
Significa che il ruolo del chierichetto non va preso sottogamba, è un esercizio serissimo, in cui la giovane età, quasi sempre, di chi lo svolge non dev’essere sinonimo di superficialità ma di entusiasmo. E non tanto, o meglio non solo, perché il diritto canonico lega il servizio del ministrante a quello dell’accolito ma per la capacità di capire, con la sapienza del cuore, la bellezza e la fortuna di essere anche fisicamente vicini al “luogo” del più grande sacrificio d’amore mai realizzato. Possibile solo al Signore. «Ogni volta che vi accostate all’altare – disse Benedetto XVI il 4 agosto 2010 –, avete la fortuna di assistere al grande gesto di amore di Dio, che continua a volersi donare a ciascuno di noi, ad esserci vicino, ad aiutarci, a darci forza per vivere bene». Una consapevolezza che di sicuro sarà sottolineata spesso durante il pellegrinaggio al via domani per iniziativa del Coetus internationalis ministrantium (Cim) e che secondo tradizione vedrà una robusta partecipazione tedesca, con almeno 50mila presenze provenienti dalla Germania. Giovanissimi e giovanissime insieme perché, secondo quanto sottolinea l’istruzione Redemptionis sacramentum: «a tale servizio dell’altare si possono ammettere fanciulle o donne a giudizio del vescovo diocesano e nel rispetto delle norme stabilite».

Occasione per costruire ponti

«I giovani presenti possono essere messaggeri di pace. – ha spiegato Stefan Oster, vescovo di Passau e presidente della Commissione per i giovani della Conferenza episcopale tedesca (Dbk) nella conferenza stampa di presentazione dell'evento –. Come Chiesa potremo contribuire a creare maggiore partecipazione all’unità dell’Europa piuttosto che diffidenza e presa di distanze».
«La società che tende a secolarizzare la comunità è forse più forte di quello che trasmette la Chiesa – ha osservato il presule salesiano -. Grazie alla digitalizzazione ci sono elementi molto particolari che si trasmettono. La nostra speranza è che, se qualcuno è stato ministrante per tanto tempo, da adulto se ne ricorda e tiene in particolare considerazione il messaggio della Chiesa nella propria vita».
Alla presentazione ha partecipato anche monsignor László Német, vescovo di Zrenjanin in Vojvodina (Serbia), e presidente della Cim, l’associazione internazionale fondata nel 1960 che unisce i responsabili diocesani e le persone interessate alla pastorale dei ministranti. «Noi lanciamo dei ponti – ha sottolineato il presule magiaro – non costruiamo muri, né steccati tra le varie nazioni. Non vogliamo essere una comunità escludente o che demonizza gli altri ma al contrario apprezzare i doni che ciascuno può portare. Speriamo che questo pellegrinaggio risvegli nei ragazzi il sentimento di appartenenza alla famiglia cattolica, cioè alla famiglia di Dio».
A Roma, dunque, da diversi angoli del mondo per esprimere con le parole del salmo la gioia del povero che trova conforto e aiuto nel Signore. Per impegnarsi a diventare «artigiani di pace». Per cantare la festa, per celebrare l’importanza del servizio, in lingue anche molto distanti tra loro, nello sventolío di decine di fazzoletti colorati.
Sì, se sanno gustare la bellezza della Messa e poi contagiare di voglia di vita buona i loro coetanei, quei ragazzini, quelle ragazzine, molto probabilmente sono ministranti.

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