martedì 26 novembre 2019
La conferenza stampa del Pontefice in aereo: nel Catechismo il no alle armi nucleari. Il progetto di una enciclica sulla non violenza. «Lecito investire l'Obolo di San Pietro, ma diversificando»
Papa Francesco durante la conferenza stampa in aereo (Ansa)

Papa Francesco durante la conferenza stampa in aereo (Ansa)

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Il viaggio è stato faticoso ma papa Francesco non mostra stanchezza. Così si concede per quasi un’ora ai giornalisti che lo hanno seguito in Thailandia e Giappone per la consueta intervista sul volo di ritorno. Rispondendo alle domande formulate per gruppi linguistici, sono stati affrontati temi legati alla visita. Come la questione della pena di morte e delle centrali nucleari sulle quali si dibatte in Giappone. In particolare il Pontefice prefigura che la condanna dell’uso e del possesso delle armi nucleari, proclamata a Hiroshima, verrà inserita nel Catechismo. E anche temi extra, come la situazione di Hong Kong (il Papa non esprime giudizi ma ribadisce il suo amore per la Cina e il desiderio di recarsi a Pechino) e le ultime vicende che hanno riguardato il sistema finanziario vaticano. Su questo Francesco ribadisce la liceità di investire l’Obolo di San Pietro, ma come fanno le “vedove”, “un po’ qui e un po’ là”, diversificando, e in modo “morale”, non in “armamenti” ad esempio. E spiegando che è lecito anche investire in immobili – come successo a Londra -, conferma che ci sono ipotesi di corruzione su cui sta indagando la magistratura vaticana. Sottolineando però che questi episodi sono stati scovati all’interno del Vaticano (“Abbiamo scoperchiato noi la pentola”), segno che le procedure di controllo messe in piedi fin dai tempi di Benedetto XVI stanno funzionando. Di seguito la trascrizione quasi completa del colloquio.

(Domande dei giornalisti giapponesi) La società e la Chiesa occidentale hanno qualcosa da imparare da società e Chiesa orientale?

C’è una cosa che a me ha illuminato tanto, un detto: lux ex Oriente, ex Occidente luxus. La luce viene da Oriente e il lusso, il consumismo viene da Occidente. C’è proprio questa saggezza orientale che non è soltanto saggezza di conoscenza, ma saggezza di tempi, di contemplazione, di fermarsi, di guardare anche poeticamente le cose. Pensando a questo - questa è una opinione personale - credo che all’Occidente manca un po’ di poesia in più. Ce ne sono di cose poetiche bellissime, ma l’Oriente va oltre, l’Oriente è capace di guardare le cose con occhi che vanno oltre. Non vorrei usare la parola trascendente, perché alcune religioni orientali non fanno accenno alla trascendenza tanto, ma a una visione oltre il limite della immanenza senza dire trascendenza. Per questo uso poesia, che è gratuità, è cercare anche la propria perfezione nel digiuno, nelle penitenze e anche nella lettura della saggezza dei saggi orientali. Credo che a noi occidentali fermarci un po’ e dare tempo alla saggezza ci farà bene. Questa cultura della fretta o la cultura del: fermati un po’, fermati. Non so se serve questo per illuminare la differenza, ma è quello che noi avremmo bisogno.

Come si è sentito a Nagasaki e Hiroshima?

Nagasaki e Hiroshima hanno ambedue sofferto la bomba atomica e questo le fa assomigliare. Nagasaki ha anche radici cristiane, la persecuzione dei cristiani era in tutto il Giappone ma a Nagasaki è stata molto forte. Il segretario della Nunziatura mi ha regalato un fac-simile in legno dove c’è il “wanted” del tempo: si cercano cristiani e, se tu trovi uno, denuncialo e avrai tanto; se tu trovi un sacerdote, denuncialo e avrai tanto. Hiroshima è solo la bomba atomica. Perché non è una città cristiana come Nagasaki. Per questo sono voluto andare ad ambedue. Hiroshima è stata una vera catechesi umana sulla crudeltà. Non ho potuto vedere il museo di Hiroshima, non c’è stato tempo, perché è stata una giornataccia quella (per il tempo, ndr), ma dicono che è terribile, terribile. Lì ho ribadito che l’uso delle armi nucleari è immorale: questo deve andare nel Catechismo della Chiesa cattolica. E non solo l’uso ma anche il possesso perché un incidente o la pazzia di uno può distruggere la umanità. Pensiamo a quel detto di Einstein: la quarta guerra mondiale si farà con bastoni e con pietre.

Il Giappone è anche produttore di energia nucleare, cosa che comporta un grave rischio per l’ambiente e l’umanità, come è stato tragicamente dimostrato dall’incidente di Fukushima. Il Giappone come può contribuire alla realizzazione della pace mondiale? Dovrebbero essere spente le centrali nucleari?

Sempre può accadere un incidente e voi lo avete sperimentato, con il “triplice disastro”, che ha distrutto tanto. Le armi lasciamole da parte perché è distruzione. Ma l’uso di energia nucleare è molto al limite perché ancora non siamo riusciti ad arrivare alla sicurezza totale. Tu potrai dirmi: sì, anche con l’elettricità si può fare un disastro per insicurezza. Ma è un disastrino piccolo. Un disastro di una centrale nucleare sarà un disastro grande. E ancora non è stata elaborata la sicurezza. Io, ma è un’opinione personale, non userei l’energia nucleare fino a che non ci sia una totale sicurezza dell’uso. Alcuni dicono che l’energia nucleare deve fermarsi perché minaccia la custodia del Creato. È in discussione. Io mi limito alla sicurezza: non c’è sicurezza per garantire che non ci sarà un disastro. Riguardo all’ambiente credo che siamo andati oltre il limite. Nell’agricoltura i pesticidi, nell’allevamento dei polli, i medici dicono alle mamme di non dare da mangiare ai bambini polli di allevamento perché sono ingrassati con ormoni… Tante malattie rare ci sono oggi per l’uso non buono dell’ambiente. La custodia dell’ambiente è una cosa che… o oggi o mai.

Hakawada Iwao è un giapponese già condannato a morte e ora in attesa della revisione del processo ed era presente alla Messa al Tokyo Dome ma non ha avuto modo di parlare con lei. Ci potrebbe confermare se fosse in programma o no un breve incontro con lei perché il tema della pena di morte in Giappone è molto discusso. Poco più di un mese prima della modifica del catechismo è stata eseguita la condanna di 13 detenuti e su questo tema non c’è stato un riferimento nei suoi discorsi in questa visita: come mai non si è voluto pronunciare o ha avuto modo di parlarne con il primo ministro Shinzo Abe?

Il caso del condannato morte l’ho saputo dopo. Col primo ministro ho parlato in generale di tanti problemi di condanne, di processi eterni che non finiscono mai, sia con la morte che senza morte, di carceri sovraffollate, di carcerazione preventiva. Quindici giorni fa ho fatto un intervento al Convegno internazionale di diritto penale e ho parlato seriamente del tema delle carceri e poi della pena di morte: è stato chiaramente detto che non è morale che non si può fare. Credo che questo vada unito a una coscienza che si sviluppa. Per esempio alcuni paesi non possono abolirla per problemi politici ma fanno la sospensione: è un modo di sostituirla senza dichiararlo in ergastolo. Ma il problema è che la condanna sempre deve essere per il reinserimento. La condanna senza finestre di orizzonte non è umana. Anche per un ergastolano si deve pensare come può reinserirsi, dentro o fuori. Lei dirà: ma ci sono condannati pazzi che hanno problema di malattia, di incorreggibilità genetica. Ma cerchiamo il modo che almeno producano, con facciano cose che li facciano sentire persone. In tante parti del mondo oggi le carceri sono sovraffollate, sono un deposito di carne umana che invece di crescere in salute tante volte si corrompe. Dobbiamo lottare contro la pena di morte lentamente, lentamente. Ci sono casi che a me danno gioia con Stati, Paesi che dicono: ci fermiamo. Ho parlato con un governatore di uno Stato l’anno scorso e lui prima di lasciare il posto ha fatto la sospensione quasi definitiva. Ma sono passi di coscienza umana. Altri
Paesi non sono riusciti ancora a incorporarlo nella linea della umanità.

(Domande dei giornalisti francofoni) Lei ha detto che a vera pace può essere solo una pace disarmata ma che succede per la legittima difesa, quando un Paese è attaccato da un altro? In questo caso esiste ancora la possibilità di una guerra giusta? Piccola domanda: si è parlato di un’enciclica sulla non violenza, è ancora in progetto?

Sì, il progetto c’è, ma la farà il prossimo Papa… Ci sono progetti che sono nel cassetto, quello sulla pace per esempio. È lì, maturando, ma io sento, quando sarà il momento lo farò. Ma parlo abbastanza. Ad esempio, il problema del bullismo coi ragazzi di scuola: è un problema di violenza! Ne ho parlato proprio ai giovani giapponesi su questo argomento. È un problema che con tanti programmi educativi stiamo cercando di aiutare a risolvere. È un problema di violenza e i problemi della violenza si devono prendere. Ma un’enciclica sulla violenza non me la sento ancora matura, davvero, devo pregare troppo e cercare la via. Sulla pace e le armi c’è quel detto romano: si vis pacem, para bellum. E lì non siamo stati maturi. Le organizzazioni internazionali non riescono, le Nazioni Unite non riescono. Fanno tante cose, tante mediazioni meritevoli. Un Paese come la Norvegia, per esempio, è sempre disposto a mediare, a cercare un’uscita per evitare le guerre. Questo si sta facendo e a me piace, ma è poco. Ancora si deve fare di più. Lei pensi, senza offesa, al Consiglio di sicurezza: c’è un problema con le armi, tutti d’accordo per risolvere quel problema per evitare un incidente bellico, tutti votano sì, uno col diritto al veto dice di no e tutto si ferma. Io ho sentito un opinione, non so giudicare, che forse le Nazioni Unite dovrebbero fare un passo avanti rinunciando nel Consiglio di sicurezza al diritto al veto di alcune nazioni. Non sono un tecnico in questo, ma l’ho sentita come una possibilità. Non so cosa dire, ma sarebbe bello che tutti avessero lo stesso diritto. Ma nell’equilibrio mondiale ci sono argomenti che in questo momento non sono in grado di giudicare. Ma tutto quello che si fa per fermare la produzione delle armi e fermare le guerre e andare al negoziato, anche con l’aiuto dei facilitatori e aiutatori, questo si deve fare sempre. E dà dei risultati. Alcuni dicono pochi, ma incominciamo con poco e poi andiamo oltre. Il risultato del negoziato è cercare di risolvere dei problemi. Ad esempio, il caso di Ucraina e Russia, non si parla di armi ma c’è stato il negoziato per lo scambio di prigionieri. Questo è positivo: sempre un passo per la pace. C’è stato adesso un interscambio per pensare la pianificazione di un regime governativo nel Donbass (la regione ucraina occupata dagli insorti filorussi, ndr), e stanno discutendo. È successa poco tempo fa una cosa bella e brutta. La cosa brutta, devo dirlo, è l’ipocrisia “armamentista”: Paesi cristiani, o almeno di cultura cristiana, Paesi europei che parlano di pace e vivono delle armi. Ipocrisia si chiama questa. È una parola evangelica, Gesù la diceva, tante volte nel capitolo 23 di Matteo. Finirla con quella ipocrisia, e che una nazione abbia il coraggio di dire: “Io non posso parlare di pace perché la mia economia guadagna tanto con la fabbricazione delle armi”. La cosa bella. In un porto, adesso non ricordo bene, è arrivata una nave piena di armi e doveva caricarle in una più grande che doveva andare nello Yemen, e noi sappiamo cosa succede nello Yemen. I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! E la nave è tornata a casa sua. Un caso, ma ci insegna come si deve andare in questo. E la pace oggi è molto debole, molto debole! Ma non dobbiamo scoraggiarci. Aiutiamo questa debolezza.

La legittima difesa con le armi?

L’ipotesi della legittima difesa rimane sempre. È un’ipotesi che anche nella teologia morale va contemplata, ma come ultimo ricorso, ultimo ricorso con le armi! La legittima difesa con la diplomazia, con la mediazione… Ultimo ricorso: legittima difesa, ma sottolineo ultimo ricorso. Noi stiamo andando in un progresso etico e a me piace mettere in questione tutte queste cose. Vuol dire
che l’umanità va avanti anche per il bene, non solo per il male.

(Domanda dei giornalisti italiani, fatta da Cristiana Caricato di Tv2000). La gente legge che la Santa Sede ha acquistato immobili per centinaia di milioni di euro nel cuore di Londra e rimane un po' sconcertata dall'uso delle finanze vaticane, in particolare quando viene coinvolto l'Obolo di San Pietro. Lei sapeva di queste operazioni? È corretto l'uso che viene fatto dell'Obolo di san Pietro? Lei spesso ha detto che non si devono fare i soldi con i soldi, ha spesso denunciato l'uso spregiudicato della finanza. Poi pero vediamo che queste operazioni coinvolgono anche la Santa Sede, questo scandalizza? lei come vede questa vicenda?

Prima di tutto in una buona amministrazione normale: arriva la somma dell'Obolo, e cosa faccio? La metto nel cassetto? No, questa è una cattiva amministrazione. Cerco di fare un investimento così quel capitale non si svaluta, si mantiene o cresce un po'. Questa è una buona amministrazione. L’amministrazione del cassetto è cattiva. Ma si deve cercare una buona amministrazione o un buon investimento: chiaro? Un buon investimento, da noi si dice un investimento da vedove, come fanno le vedove, due o tre, cinque là, se cade uno c'è l'altro… Un buon investimento è sempre sul sicuro e sul morale. Se tu fai un investimento con l'Obolo su una fabbrica di armamenti, l'Obolo non è l'Obolo lì, eh! Si può anche comprare una proprietà, affittarla e poi venderla. Ma sul sicuro, con tutte le sicurezze. Poi è successo uno scandalo, perché hanno fatto cose che non sembrano pulite. Ma la denuncia non è venuta da fuori. Quella riforma della metodologia economica che aveva già iniziato Benedetto XVI è andata avanti ed è stato il Revisore dei conti interno (ad interim, Alessandro Cassinis Righini, ndr) a dire: “Qui c'è una cosa brutta, qui c'è qualcosa che non funziona”. È venuto da me. Gli ho detto: “Lei è sicuro?”. Ha risposto: “Sì, cosa debbo fare?”. E io: “Ma c'è la giustizia vaticana, vada e faccia la denuncia al Promotore giustizia (Gian Piero Milano, ndr)”, e in questo io sono rimasto contento perché si vede che l'amministrazione vaticana adesso ha le risorse per chiarire le cose brutte che succedono dentro, come in questo caso, che se non è il caso dell'immobile di Londra, - perché ancora questo non è chiaro - ma lì c'erano casi di corruzione. Il Promotore ha studiato l’accusa, ha fatto le consultazioni e ha visto che c'era uno squilibrio nel bilancio e poi ha chiesto a me il permesso di fare le perquisizioni. Io ho detto: “È sicuro?”. E lui: “Sì, c'è una presunzione di corruzione, e in questi casi io devo fare perquisizioni”. E io ho firmato le autorizzazioni. È stata fatta la perquisizione in cinque uffici, e al giorno di oggi, fermo restando la presunzione di innocenza, ma ci sono i capitali che non sono amministrati bene anche con corruzione. Credo che in meno di un mese inizieranno gli interrogatori delle 5 persone che sono state bloccate perché c'erano indizi di corruzione. Lei potrà dirmi, ma questi cinque sono corrotti? No, la presunzione è una garanzia per tutti, un diritto umano, ma c'è corruzione e si vede. Con le perquisizioni si vedrà se sono colpevoli o no. È una cosa brutta e non è bello che succedano queste cose in Vaticano, ma è stato chiarito dai meccanismi interni che cominciano a funzionare che il papa Benedetto aveva iniziato a fare. Di questo ringrazio Dio: non che ci sia la corruzione, ma che il sistema del controllo vaticano funziona bene.

(Domande dei giornalisti anglofoni) C’è preoccupazione nelle ultime settimane su ciò che sta succedendo nelle finanze del Vaticano. Secondo alcuni c’è una guerra interna su chi deve controllare i soldi. La maggior parte dei membri del consiglio di amministrazione dell’Aif si è dimesso. Il gruppo Egmont, che raggruppa queste autorità finanziarie, ha sospeso il Vaticano dalle comunicazioni sicure dopo il raid del primo ottobre. Il direttore dell’Aif (Tommaso Di Ruzza, ndr) è ancora sospeso e ancora non c’è un revisore generale. Cosa può fare o dire lei per garantire alla comunità internazionale finanziaria e ai fedeli in generale che sono chiamati a contribuire all’Obolo di San Pietro che il Vaticano non tornerà a essere considerato un “paria” di cui non fidarsi e che le riforme non si fermeranno e che non si tornerà alle abitudini del passato?

Il Vaticano ha fatto passi avanti nella sua amministrazione. Per esempio, lo Ior oggi ha la accettazione di tutte le banche e può agire come le banche italiane, normalmente, cosa che un anno fa ancora non c’era. Ci sono stati dei progressi. Poi il gruppo Egmont non è ufficiale. Il controllo internazionale non dipende dal gruppo Egmont. Il gruppo Egmont è un gruppo privato che ha il suo peso. È un gruppo privato. Moneyval farà l’ispezione. L’ha programmata per i primi mesi dell’anno prossimo e la farà. Il direttore dell’Aif è sospeso perché c’erano dei sospetti di non buona amministrazione. Il presidente dell’Aif ha fatto forza insieme al gruppo Egmont per riprendere la documentazione. E questo la giustizia non può farlo. Davanti a questo io ho fatto la consultazione presso un magistrato italiano di livello. Ho chiesto: cosa devo fare? Lui ha risposto: la giustizia davanti a una accusa di una corruzione è sovrana in un Paese, è sovrana, nessuno può immischiarsi lì dentro, nessuno può dire al gruppo Egmont “le vostre carte sono qui”. No, devono essere studiate le carte per quello che sembra una cattiva amministrazione nel senso di un cattivo controllo. È stato l’Aif a non controllare, sembra, i delitti degli altri. Il suo dovere era controllare. Io spero che si provi che non è così, perché ancora c’è la presunzione di innocenza. Ma per il momento il magistrato è sovrano perché deve studiare come è andata, perché al contrario un Paese avrebbe una amministrazione superiore che lederebbe la sua sovranità. Il presidente dell’Aif (René Brulhart, ndr) scadeva il 19 novembre. Lo chiamai alcuni giorni prima - lui non se n’è accorto che lo stavo chiamando mi ha detto – e gli ho annunciato che il 19 lasciava. Io ho trovato già il successore, un magistrato di altissimo livello giuridico, economico, nazionale e internazionale e al mio rientro prenderà l’incarico. Sarebbe stato un controsenso che l’Autorità di controllo fosse sovrana sopra lo Stato. È una cosa non facile da capire. Ma quello che ha un po’ disturbato è il gruppo Egmont. È privato. Aiuta tanto, ma non è l’autorità di controllo di Moneyval. Moneyval studierà i numeri, le procedure, come ha agito il promotore di giustizia, studierà come il giudice e i giudici hanno determinato la cosa. Io so che in questi giorni inizierà, o è iniziato, l’interrogatorio dei cinque che sono stati sospesi. Non è facile, ma non dobbiamo essere ingenui, non dobbiamo essere schiavi. Qualcuno mi ha detto che con questo abbiamo toccato il gruppo Egmont, la gente si spaventa, si sta facendo un po’ di terrorismo… Lasciamo da parte. Noi andiamo avanti con la legge, con Moneyval, col nuovo presidente dell’Aif. E il direttore è sospeso, magari fosse innocente. Io vorrei perché è una cosa bella se una persona è innocente e non colpevole. Ma è stato fatto un po’ di rumore con questo gruppo che non voleva che toccassero le carte che appartenevano al gruppo.

La gente può stare tranquilla? Cosa può dire alla gente?

È la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro non da fuori. Da fuori tante volte. Ma in questo Papa Benedetto è stato saggio, ha incominciato un processo che è maturato e adesso le istituzioni… che il revisore abbia avuto il coraggio di fare una denuncia scritta contro cinque persone… sta funzionando il revisore. Davvero non voglio offendere il gruppo Egmont che fa tanto bene e aiuta, ma in questo caso la sovranità appartiene allo Stato, anche la giustizia è più sovrana del potere esecutivo. Non è facile da capirlo ma vi chiedo di capire questa difficoltà.

LA SECONDA PARTE DELLA CONFERENZA STAMPA DEL PAPA IN AEREO DI RITORNO DA THAILANDIA E GIAPPONE


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