
Una giovane fedele in piazza San Pietro per i funerali del Papa - Reuters
Lo so, dal punto di vista teologico, il mio è un errore. Eppure, non ho potuto fare a meno, sabato mattina, per tutto il tempo della celebrazione funebre, mentre la televisione mi mandava a casa le immagini della piazza gremita da migliaia di persone, dei grandi della terra, dei cardinali vestiti di rosso, dei miei confratelli in camice e stola, non ho potuto fare a meno, dicevo, di tenere lo sguardo fisso alla bara, da dove tu, senza più parole, continuavi a esercitare il tuo alto magistero. Non solo – ed è qui il mio errore teologico ma non pastorale – ma per la prima volta, ti ho sentito come se parlassi ex cathedra. Non lo hai mai fatto. Nemmeno i tuoi immediati predecessori lo hanno fatto.
L’ultimo dogma proclamato fu quello di Maria Assunta in cielo, il primo novembre del 1950. Il dogma, verità alla quale un cristiano non è solo invitato, ma, oserei dire, “costretto” a credere. Perché, dunque, questo pensiero non mi lascia? Perché continuo a credere che da quella bara, sabato mattina, si levava, con autorità, il monito che tutti siamo costretti ad ascoltare e mettere in pratica. Ce lo ha ricordato il cardinale Re, prestandoti la voce. La pace. Questo miserabile, grande e stupendo mondo ha bisogno urgente di pace. Ce lo chiedono i bambini martoriati, mutilati, dilaniati, condannati alla fame, alla sete, al terrore. Bambini ai quali gli adulti dei Paesi in guerra hanno rapinato l’infanzia, l’innocenza, il diritto di vivere, di amare, di sognare. La pace. La maggior parte di coloro che potrebbero – se solo volessero! – decretarla in breve tempo erano là attorno a te. Tanti di loro, come te, credono che il nostro Dio è amore al punto da aver «tanto amato il mondo da mandare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna».
E tu, avvolto nella luce di Dio, di cui il sole che illuminava Roma era solo una pallidissima immagine; nel silenzio assordante dell’eternità; tu, umile – umilissimo – come sempre, hai continuato a invocarla, la pace. Caro Francesco, siamo in tanti a chiederci se presto inizierà anche per te la causa di beatificazione. Noi lo speriamo. Adesso che sei nella gloria, che contempli faccia a faccia il Mistero che da sempre ti ha affascinato e al quale hai donato tutta la tua vita, adesso che sei libero dal tempo e dallo spazio, strappalo, ti prego, dalle mani del buon Dio questo miracolo. Lo so, anche questa volta, dal punto di vista teologico, il mio discorso lascia a desiderare. Lo so che Dio non può manomettere la libertà che ha voluto donarci per farci somigliare a lui. Lo so, la mia richiesta è simile a quella delle vecchiette che, in chiesa, con ingenuità, lo chiedono a Dio, alla Madonna, ai santi, il dono della pace. Oggi che il mondo si ferma per darti l’ultimo saluto, oggi che la tua piazza diventa l’ombelico del mondo, oggi che gli angeli ti danno il benvenuto in paradiso, con la semplicità che ti ha sempre contraddistinto, chiedi al Signore di fermare queste guerre infami. Trovatela insieme la modalità per farlo senza intaccare la nostra libertà. Diglielo tu a Gesù che sono sempre i poveri, gli immigrati, i malati, i vecchi, gli scartati, a pagare sulla propria pelle il prezzo altissimo delle scelte di coloro che le guerre le vogliono ma non le combattono. «Tutto è possibile a Dio» disse l’angelo a Maria quando le propose di diventare la mamma di Gesù. Francesco, non ci hai insegnato, in questi anni, a osare? Nel nostro piccolo, lo abbiamo fatto. Questo, perdonami, è tuo momento, osa, non temere, osa, come hai sempre fatto in terra, adesso che sei nella gloria, osa e chiedi al Creatore del cielo e della terra, il dono della pace. «Molto può la preghiera del giusto». E se molto può la preghiera di noi poveri mortali, sono certo che questo miracolo lo puoi ottenere adesso che sei nella gloria.
Noi attendiamo. Fa che il mondo possa fare un sobbalzo ascoltando o leggendo la notizia che i grandi della terra, dopo il funerale, stanno pensando seriamente a riportare la pace su questo stupendo acino d’uva che chiamiamo terra. Un minuscolo atomo colorato e bello, zeppo di vita e di meraviglia, che gli uomini potrebbero rovinare per sempre. Santità, ci hai spronato per tutta la tua vita a sperare contro speranza. Oggi ti prendiamo sul serio. Ottienici il miracolo della pace. Lo attendiamo.