(Ansa)
La settimana dedicata da Papa Francesco e dai collaboratori della Curia agli Esercizi spirituali si apre con una meditazione incentrata sul tema de "La scienza della sete". Ne dà notizia Vatican News.
La promessa di Dio di fronte alla scarsezza umana
L'ultima frase pronunciata da Gesù nel libro dell'Apocalisse è un invito: "Chi ha sete, venga". E' da qui che il predicatore portoghese don Josè Tolentino de Mendonça, sviluppa la sua riflessione per guidarci a capire i contorni di quell' "abbondanza" di quella "gratuità" di vita che il figlio di Dio offre all'uomo e a valutare la sua risposta oggi. Gesù promette di dissetarci riconoscendo che siamo "incompleti e in costruzione": Lui sa "quanti ostacoli ci frenano" e quante "derive ci ritardano". Siamo "così vicini alla fonte e andiamo così lontano". Nel desiderio e nella sete sono infatti due sentimenti contrastanti, spiega don Josè: l'attrazione e la distanza, il trasporto e la vigilanza. E allora la domanda da porsi è: noi desideriamo Dio? Sappiamo riconoscere la nostra sete? Ci diamo il tempo di decifrarla?
Non è facile riconoscere la sete di Dio
Da questi interrogativi il predicatore si addentra in un percorso che va dalla Bibbia, ai testi del drammaturgo Ionesco, alle pagine del Piccolo principe di Saint- Exupéry, per evidenziare i contorni effettivi della sete come bisogno fisico, come riconoscimento dei nostri limiti, della nostra vulnerabilità estrema. "La sete ci priva del respiro, ci esaurisce, ci sfinisce. Ci lascia assediati e senza forze per reagire", afferma, "ci porta al limite estremo". "Si capisce come non sia facile esporsi alla sete". Se dovessimo raccontare la parabola della nostra sete, prosegue don José, forse emergerebbero i tratti di Jean, il protagonista maschile de "La sete e la fame" di Ionesco. E' una figura divorata da un "infinito vuoto", da un'inquietudine che nulla sembra poter placare e che lo rende un "uomo senza radici, nè casa, incapace di creare legami, perduto nel vuoto del labirinto in cui ascolta solo il rumore solitario dei propri passi".
Il consumismo spirituale dell'uomo di oggi
Ecco la sete dell'uomo di oggi. Una sete che, spiega il predicatore, "si tramuta nella disaffezione nei riguardi di ciò che è essenziale, in una incapacità di discernimento". Il consumismo oggi non è solo materiale è anche spirituale, e "quel che si dice dell'uno aiuta a capire l'altro". Il fatto è che le nostre società, afferma, che "impongono il consumo come criterio di felicità trasformano il desiderio in una trappola": ogni volta infatti che pensiamo di appagare la nostra sete in una" vetrina", in un "acquisto", in un "oggetto", il possesso comporta la sua svalutazione, e questo fa crescere in noi il vuoto. L'oggetto del nostro desiderio, afferma quindi don José, è un "ente assente" è un "oggetto sempre mancante". Eppure aggiunge, "il Signore non cessa di dirci 'Chi ha sete, venga; chi desidera, beva gratuitamente l'acqua della vita' ".
Riponiamo in Dio la nostra sete
Ci sono molti "modi di ingannare i bisogni e di adottare un atteggiamento di evasione spirituale senza mai prendere coscienza che siamo in fuga", conclude don José: " tiriamo in ballo sofisticate ragioni di redditività e di efficacia" sostituendo con esse l' "auscultazione profonda del nostro spazio interiore e il discernimento della nostra sete". Invece non esistono "pillole in grado di risolvere meccanicamente i nostri problemi". Da qui l'invito conclusivo del predicatore portoghese, in questa seconda giornata di Esercizi spirituali: rallentiamo il "nostro passo", "prendiamo coscienza dei nostri bisogni", sediamo alla tavola della fede, non per ragioni materiali o economiche, ma "per ragioni di vita". La sete di "relazioni, di accettazione e di amore" è presente in ogni essere umano, è un patrimonio " biografico" che siamo chiamati a riconoscere e di cui rendere grazie. Non è una cosa banale e allora "riponiamo in Dio la nostra sete".