giovedì 15 maggio 2014
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Caro direttore,a proposito della «convivenza possibile e necessaria» testimoniata dalle suore originarie dell’Indonesia alle quali ha risposto il 27 aprile scorso, vorrei raccontare quanto ho visto durante un viaggio in Olanda. Cattolici e protestanti hanno ad Amsterdam ambiti comuni in un medesimo spazio: il Begjinhof, lo storico cortile delle beghine, donne che vivevano in castità senza voti e che fino agli anni 70 del Novecento assistevano anziani, poveri e ammalati. Nei pressi della stazione ferroviaria cattolici e protestanti hanno anche una libreria in comune sopra la quale campeggia la scritta «Jesus loves you» (Gesù vi ama) che sovrasta il via vai di persone che ormai, di fatto, vivono in un mondo pagano. Davanti alla stazione si incontrano dei pentecostali che invitano tutti i passanti a credere in Cristo «prima che sia troppo tardi». Alcuni di loro mi hanno chiesto se credevo in Gesù, e io: «Certo, sono cattolico». E loro: «Non nasconderti dietro alla tua religione: tu, proprio tu, credi veramente in Gesù?». Poi, dicendomi che è stato il Diavolo a separare i cristiani delle diverse confessioni, mi hanno proposto di recitare il Padre Nostro insieme: bellissimo! Nella chiesa cattolica del Begjinhof, partecipando alla Messa, ho notato le fotografie dei bambini che lì, nel cuore di Amsterdam, faranno quest’anno la Prima Comunione: 4 bambini, in quello che fino a cinque secoli fa era un fervente Paese cattolico! Ho pregato per questi bambini e ho ringraziato i pentecostali per la loro presenza, perché è veramente impossibile pensare oggi che la rinascita della fede cristiana possa accadere solo grazie o attraverso una struttura, c’è bisogno di tutto e di tutti quelli che sono rimasti a desiderare l’avvenimento di Cristo, «prima che sia troppo tardi». Sono certo, direttore, che la pienezza della salvezza sia nella fede cattolica, e mi rendo anche conto che il desiderio del cuore di tanti fratelli evangelici merita di incontrare la pienezza di questi doni. Come disse Adriano VI , unico Papa olandese della storia, davanti alla corruzione e al nepotismo della Chiesa dell’epoca: «Da qui è nata la rovina, ma solo da qui può rinascere la salvezza». Ovvero, non illudiamoci neanche di poter fabbricare una Chiesa più moderna o migliore secondo i nostri gusti attuali: «Ciascuno stia attento a come costruisce. Nessuno infatti può porre un fondamento diverso da quello che già si trova che è Gesù Cristo» (I Cor 3, 7-9).Fabio Sansonna, MonzaCondividiamo la stessa certezza, caro amico. E la stessa speranza. In tutto il mondo e anche in questa vecchia e troppo dimentica Europa. Certezza e speranza cattoliche, cioè “universali”, che rendono sereni nonostante le sfide e le difficoltà (niente, me lo dico sempre, a confronto delle prove e del martirio subiti da tanti nostri fratelli di fede), ma che non possono lasciare tranquilli quelli che si dicono e si sentono cristiani. Abbiamo bisogno di gesti di riconciliazione, di fraternità, di preghiera. Abbiamo bisogno di occhi aperti e di mani tese. Abbiamo bisogno di fidarci davvero di Dio. Senza pedanterie e con semplice coerenza. Perché ci tocca, proprio qui e proprio ora, di riuscire a essere segno di contraddizione e di pace, echi felici (anche se in questo tempo non è scontato né sempre facile serbare il sorriso) di un amore che ci supera immensamente e in molti modi, spesso inaspettatamente, ci smuove e ci consola. A lei – e la ringrazio per avercelo raccontato – è capitato nel cuore di una grande città di questo continente. E ciò che le è capitato le ha scritto dentro, in altra forma, ciò che Papa Francesco continua a dire a ognuno di noi: c’è da «uscire fuori» dai recinti ai quali ci siamo persino nobilmente consegnati, e non per lasciare, per perdere o per lasciar perdere qualcosa e qualcuno, ma per usare bene di ciò che abbiamo, seguendo Colui che ci dice e ci precede dall’inizio del tempo, trovando e ritrovando il cammino della Croce e il volto degli uomini e delle donne nel mondo e nel tempo che ci sono dati. Proprio loro, proprio noi: non figure e storie di un passato da rimpiangere o di un futuro da temere, ma gente di oggi con i fardelli e le attese che ciascuno direttamente o indirettamente sperimenta e porta, ciascuno con le vertigini e gli sgomenti che lo affascinano e minacciano di schiacciarlo, ma ai quali non si può sottrarre e neppure arrendere. La speranza – quando è fondata e perciò vera, caro amico – ricomincia sempre. Da ragioni offerte, da fatti vissuti.
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