domenica 28 settembre 2014
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La convocazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna da parte del presidente della Generalitat Artur Mas, e la conseguente richiesta avanzata dal governo spagnolo alla Consulta di proibirne l’effettuazione in ottemperanza all’articolo della Costituzione che di chiara «indivisibile» lo Stato spagnolo, hanno portato all’estremo la tensione istituzionale fra Spagna e Catalogna. L’apparente prova di forza di Mas in realtà cerca di coprire una frattura vistosa che separa la parte 'moderata' e quella 'estremista' dell’indipendentismo catalano. Mas tira la corda la massimo, ma ha dichiarato che intende restare nei confini della legalità, il che significa che se il Tribunale costituzionale, com’è pressoché certo, proibirà il referendum, scioglierà il Parlament catalano e convocherà nuove elezioni cercando di far assumere a questa consultazione il valore di un pronunciamento separatista. I suoi alleati di maggioranza (ma non di governo) della Erc (sinistra repubblicana catalana) insistono, invece, nella effettuazione del referendum  comunque, con lo slogan «La disobbedienza è la democrazia». I partiti nazionali spagnoli, non solo il Partito popolare di Mariano Rajoy che ha la maggioranza assoluta alle Cortes, ma anche la principale opposizione, quella del Psoe, assicurano che il referendum non si farà. Non è semplice capire come si sia irrigidita fino a questo punto la posizione di CyU, il partito di Mas, visto che solo pochi anni fa sosteneva una battaglia autonomistica, ma scartava il separatismo, come ebbe a dire a chi scrive l’ex presidente catalano Jordi Pujol, oggi al centro di uno scandalo finanziario. Quando la crisi economica ha imposto alla Spagna misure di rigore, la classe dirigente politica catalana ha scelto di rifiutare la disciplina di bilancio, di addossare al governo di Madrid tutte le colpe e di accarezzare il disegno dell’indipendenza autoproclamata, che però gli stessi imprenditori catalani in grande maggioranza considerano una sciagura dal punto di vista economico. Mas si è messo in un vicolo cieco dal punto di vista istituzionale e ora dovrà decidere se scegliere la via dell’assoluta illegalità disobbedendo alla Consulta o se rompere con l’ala estremistica della sua maggioranza, che nel frattempo è diventata almeno secondo i risultati delle recenti europee, la formazione politica più forte della Catalogna, e da questa scelta deriverà anche il rapporto futuro con le istituzioni spagnole.
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