sabato 2 marzo 2013
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Gentile direttore,
mi permette di riproporre a noi tutti cittadini-elettori oltre che ai politici, soprattutto a quelli cristiani, il "Decalogo del Buon politico" di don Luigi Sturzo? 1) È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso. 2) Se ami troppo il denaro, non fare attività politica. 3) Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico. 4) Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà. 5) Non pensare di essere l’«uomo indispensabile», perché da quel momento farai molti errori. 6) È più facile dal no arrivare al sì che dal sì retrocedere al no. Spesso il no è più utile del sì. 7) La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai. 8) Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti. 9) Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini. 10) Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico. Questo straordinario testo è del 1948 (il fondatore del Partito popolare lo scrisse il 4 novembre di quell’anno su "Popolo e libertà"), ma mi sembra attualissimo ed è una provocazione lecita, anzi necessaria, se vogliamo uscire dal brago e dallo stallo.
Vincenzo Pucci, Marin​a di Tortora (Cs)
Fa sempre bene, caro signor Pucci, rileggere o scoprire questo celebre decalogo sturziano. E siamo ancora tutti grati allo scomparso professor Gabriele De Rosa per averlo valorizzato nella bella raccolta di riflessioni del sacerdote di Caltagirone ("Il manuale del buon politico") che, nel 1996, curò per San Paolo. Solo uno dei dieci consigli mi azzardo a trovare un po’ datato, il nono, quello dedicato alla originale concretezza dello sguardo politico delle donne, ma solo per un qualche fatto di forma non certo di ottima sostanza. Don Sturzo, del resto, era allo stesso tempo figlio del proprio tempo e uomo capace di vedere, pensare e organizzare il futuro. Perciò spero anch’io che coloro che oggi ci rappresentano sappiano fare tesoro della sua saggezza cristiana e umana. E per lo stesso motivo, gentile amico lettore, sono lieto di rilanciare la sua «provocazione», che mi piace per la forza e l’eleganza anche lessicale. Lo «stallo» in cui ci ritroviamo è evidente (e comprensibile) a tutti, e si sottolinea ormai da solo. Mentre il «brago» nel quale siamo immersi lo sottolineo io. È un termine che evoca e dice sia «melma» sia «vergogna» o «vizio», e così descrive con efficacia davvero potente e dolente la insopportabile situazione dalla quale con speranza e pulizia morale dobbiamo deciderci a venire fuori una volta per tutte.
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