martedì 26 febbraio 2013
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​Negli Stati Uniti ha già provocato una mezza rivolta. La decisione della nuova amministratrice delegata di Yahoo! di cancellare da giugno il telelavoro per alcune centinaia di dipendenti, appare infatti come la somma di una serie di contraddizioni stridenti.La scelta infatti avviene nella nazione che più ha scommesso sulla diffusione dell’information technology e a compierla è uno dei colossi di internet, che ha dunque inscritto nel proprio Dna l’operare a distanza tramite la rete informatica. Più di tutto, però, ha colpito l’immaginario collettivo il fatto che a determinare la svolta sia stata una donna. E non una qualsiasi: la giovane Marissa Mayer, assunta nel luglio 2012, quand’era incinta. Allora i commenti salutarono l’evento come l’esempio (finalmente) di una valorizzazione delle capacità professionali femminili, la fine del pregiudizio sulla maternità come freno. Che ora sia proprio una "giovane mamma" a far compiere un passo indietro nella flessibilità del lavoro – utilizzata in gran parte, anche se non solo, proprio dalle donne con figli – appare come un tradimento. In realtà, le motivazioni addotte per la brusca sterzata, per quanto discutibili, non sono campate per aria. Nella circolare della direzione del personale di Yahoo!, infatti, si spiega che «per collaborare bene bisogna lavorare fianco a fianco. Operare da casa significa perdere molto in qualità e rapidità di esecuzione...». Soprattutto, «le idee migliori a volte vengono nei contatti e nelle conversazioni casuali in un corridoio o a mensa». In realtà, non mancano i modi per migliorare la produttività anche dei telelavoratori, ma è innegabile che un luogo di lavoro, un’impresa, funziona davvero solo se è una "comunità". Nella quale i diversi attori, riconoscendosi impegnati in una missione comune, interagiscono frequentemente e intensamente. E così pure, se si guarda all'altra faccia della medaglia, il telelavoro che ha molti vantaggi per la vita familiare, di risparmio sui costi di trasporto e perfino di salvaguardia ambientale, può determinare altresì forme di isolamento e di ghettizzazione per alcuni lavoratori. Non sappiamo se la scelta di Yahoo! sarà un azzeramento totale del telelavoro o solo una riorganizzazione, prevedendo alcuni giorni in azienda e altri di lavoro a distanza. Ma ciò che colpisce è il procedere delle aziende sempre per schemi rigidi, senza riuscire ad essere esse stesse flessibili, così come invece viene sempre di più richiesto al personale.La globalizzazione, la terza rivoluzione industriale, l’incredibile progresso informatico hanno sconvolto e continuano a ridisegnare i modelli di produzione, di vendita e di consumo in tutto il mondo. Solo l’organizzazione del lavoro è rimasta ancorata ai modelli del secolo scorso. Si produce just in time, si vende online da un capo all’altro del mondo, si creano multinazionali tascabili e smontabili, ma non si riesce a immaginare nulla di diverso per i dipendenti che far loro timbrare il cartellino e stare dietro una scrivania dalle 8,30 alle 17,30. Lavorare per progetti, a distanza e non; operare con part-time orizzontali o verticali, più semplicemente con orari elastici e un’alternanza tra presenza e lavoro a distanza appaiono ancora come chimere. Eppure, basterebbe poco: un pizzico di flessibilità e un po’ di ragionevolezza anche da parte dei datori di lavoro. Si lavora di più e meglio se si può conciliare vita familiare e professione. Senza dover rinunciare all’una o all’altra, né a stare più tempo con i figli (o semplicemente da soli) né a confrontarsi con i colleghi in ufficio. La misura è la persona e il suo desiderio di vivere tutte le esperienze e i rapporti sociali. È solo una questione di equilibrio. Si potrebbe provare a digitare la parola su un motore di ricerca...
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