giovedì 7 maggio 2015
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Signor direttore,
le avevo già scritto per lamentare il suo attacco a Berlusconi, una scelta che fa il gioco della parte “avversa”, quella che sostiene l’aborto, i divorzi, la droga libera e quant’altro. Ritengo di dover insistere. E torno a ricordarle che i cattolici ormai da secoli hanno fatto propria una visione diametralmente opposta alla vostra, che condanna i peccati, ma non i peccatori. Per questo dico che voi di “Avvenire” e la Cei siete andati contro al Santo Padre, che all’inizio del suo apostolato dichiarò «Chi sono io per giudicare?». Io penso che voi e la Cei abbiate impedito sul nascere la risalita nei sondaggi di Berlusconi, appena prosciolto dalle accuse che lo riguardavano. Vedo però che la nuova legge sulle unioni civili non è piaciuta né a voi né alla Cei. Inutile dire che con il centrodestra non sarebbe mai passata. Chi è causa del suo mal...
Fabio Scarpellini
Vedo, gentile signore, che quanto a indice puntato è lei che se la sa cavare piuttosto bene... Forse però lei non legge abbastanza “Avvenire” o forse non ama perdere tempo con ciò che anche io personalmente vado scrivendo da qualche annetto. Se fosse così, pazienza (“chi sono io per essere giudicato dopo essere stato letto?”). Pazienza, ma non troppo. Perché bisognerebbe saper sempre cogliere la differenza che passa tra la pura e semplice conferma di princìpi validi per tutti (e dunque da applicare con carità, ma non aggiustabili per simpatia e non archiviabili per interesse) e le critiche “ad personam”. Per quanto mi riguarda, carta canta, mi sono occupato esclusivamente dello stile morale e istituzionale di uno statista – nel caso specifico l’ex premier Silvio Berlusconi – che deve essere degno e rispettoso del ruolo di servizio che è chiamato a esercitare, e questo sia nei rapporti con funzionari e organi dello Stato sia nelle relazioni private. L’autorevole voce dei nostri vescovi mi ha confortato in questa scelta di chiarezza, peraltro niente affatto nuova, come non nuove ma sempre efficaci erano state a questo stesso proposito le parole che già negli anni scorsi i vertici della Cei avevano detto (e che non sempre erano state ascoltate…). Mi permetto di ricordarle anche che il Santo Padre di ritorno dalla Gmg di Rio de Janeiro, interrogato sul caso di una persona gay che crede o che è impegnata in un cammino di ricerca, ha testualmente detto: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Un po’ diverso – no? – da certa vulgata laicista su papa Francesco che anche lei finisce per riciclare. Consiglio, inoltre, anche a lei una piccola ricerca, più banale: verifichi il testo del progetto di legge sulle unioni gay presentato da Carfagna (Forza Italia) alla Camera. Constaterà che rivaleggia quanto a confusione e possibile dannosità con quello presentato da Cirinnà (Pd) al Senato. Abbiamo scritto con la nostra consueta chiarezza di entrambe queste proposte che – a differenza di quanto lei ritiene, basandosi, immagino, su quanto lasciano intendere altri giornali e alcune opposte tifoserie – non sono ancora legge nel nostro Paese. Le segnalo anche che l’uno e l’altro progetto normativo nelle attuali stesure sono avversati da un tenace fronte trasversale che passa per Area popolare (Ncd-Udc), Fi e Pd. Mal di pancia ci sono anche nel Movimento 5 Stelle, che pure a Palazzo Madama si è in gran parte allineato con entusiasmo alla scriteriata iniziativa di un’ala del Pd che ha portato ad adottare quel pessimo testo base. Così va nella politica italiana di oggi… È sempre sbagliato coltivare pregiudizi e “venerare” a prescindere icone politiche che non lo meritano. E bisogna aprire gli occhi, gentile signore, e tenerli bene aperti senza farsi incantare da miraggi e propagande. Anche per questo, non accontentandoci delle leggi che abbiamo subito e anche dell’Italicum appena approvato, continuiamo a chiedere regole elettorali che ci consentano di tornare a scegliere pienamente i nostri parlamentari. A destra, a sinistra, alle estreme e anche nei paraggi del centro (se ci sarà).
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