Vedete bene Mondragone
domenica 28 giugno 2020

L’Italia ha scoperto Mondragone. I bulgari di Mondragone. Ammassati, sfruttati, senza diritti e senza giustizia. Ma li ha scoperti grazie al Covid-19. Non perché sfruttati, emarginati, esclusi. Lo sono da anni. Ignorati anche se davanti a tutti. In quegli enormi edifici di undici piani nel centro del paese. I furgoni dei caporali parcheggiati all’alba sotto i palazzoni per caricare gli schiavi del pomodoro. E anche – i lettori lo ricorderanno – i ragazzini finiti in uno squallido mercato del sesso. Ora li si accusa di tutto. Perfino di essere gli untori del virus.

Alcuni italianissimi cittadini inveiscono contro di loro, sui social e fisicamente. Ben visibili anche noti camorristi, pronti a cavalcare la protesta per raccogliere consenso. Non sarebbe la prima volta. A pochissimi chilometri da Mondragone, a Pescopagano, uno dei tanti non-luoghi di questo territorio, la sera del 25 aprile 1990 un commando di camorristi, guidato da Augusto La Torre, boss proprio di Mondragone, uccise cinque persone. Quattro erano immigrati africani. Strage per affari di droga, ma molte delle vittime non c’entravano per nulla. Infatti i killer vennero condannati con l’aggravante razzista. Perché fu davvero un "dai al negro!". Storie vecchie che riemergono in questi giorni. La colpa è loro, dei diversi, non neri questa volta ma bulgari e perfino rom.

Certo, anche tra di loro (arrivano a essere duemila) ci sono devianze e delinquenze, spesso manovalanza di criminali locali. Ma gran parte di loro sono solo vittime. Silenziose, che non protestano. Vittime dello sfruttamento in agricoltura che schiavizza sui campi uomini, donne e perfino bambini. Lo abbiamo visto e raccontato due anni fa in una delle tappe di una nostra inchiesta sul caporalato. Abbiamo visto i palazzoni, il mercato delle braccia, quei pulmini carichi all’alba di "carne" da sfruttare sui campi. Li abbiamo visti piegati a raccogliere l’"oro rosso". Come li vedevano i sindacalisti di strada e i volontari della parrocchia. Non avevano aspettato il Covid-19 per scoprire quello che tutti ignoravano. O facevano finta di ignorare. Perché questi visibili-invisibili fanno comodo. Eccome se fanno comodo! Fanno comodo sui campi, soprattutto in una stagione difficile come questa. Perché accettano condizioni davvero da schiavi: gli uomini prendono tra 2 e 4 euro l’ora (il contratto ne prevede 7,5), le donne tra 1 e 1,5 euro, i minori 1 euro. Per 10-12 ore al giorno. Accettano in silenzio, perché vengono da una poverissima regione d’Europa e anche questo poco per loro è tanto.

Lo dimostra quello che è accaduto quando è scattata la "zona rossa", con le "fughe" notturne per andare comunque a lavorare, per non perdere quel poco. Per evitare che il "padrone" arruolasse altri. Accettando ancora di essere vittime. Sì, vittime. E di imprenditori italiani. Non è un sospetto. Molte inchieste della Guardia di Finanza e dei Carabinieri lo hanno provato, con arresti e sequestri. Ma lo sfruttamento non si è fermato.

Non l’unico sfruttamento. Perché c’è anche quello abitativo. Come abbiamo ricordato nei giorni scorsi, i bulgari pagano l’affitto in nero per vivere nei palazzi ex Cirio. Pagano ai proprietari italiani. Pagano 100 euro a testa al mese, e negli appartamenti ne vengono stipati anche quindici. Lo ha nuovamente denunciato il vescovo di Sessa Aurunca, Orazio Francesco Piazza, parlando di «persone sfruttate sui campi e anche con gli affitti in nero». Un doppio sfruttamento. Altro che untori!

Uno sfruttamento tollerato, coperto, allontanato, anche negato. Anche ora. Cosi i bulgari diventano argomento di speculazioni politiche. Abbiamo sentito tirare fuori l’aumento degli sbarchi. Ma i bulgari non arrivano certo sui barconi, sono cittadini comunitari. E dunque sfruttati come i braccianti italiani in nero. Anzi peggio. Ma evidentemente è troppo pretendere da certi politici chiarezza e verità. Così il tema immigrati, scomparso in questi mesi, torna ad essere cavalcato. Già, il lockdown è proprio finito. E tornano tutte le attività. Anche le più meschine.

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