mercoledì 24 novembre 2010
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Caro direttore,ho letto la sua risposta a Fini. Resto frastornato e disgustato al pensiero di come si possa averlo come interlocutore. Ma lei, direttore, conosce la biografia politica di Fini? Da fascista (io sono di famiglia antifascista) e difensore(?) dei valori cristiani a ultraradicale e anticlericale che prova disagio e fastidio nei confronti della Chiesa e dei suoi valori... Qui non si discute se un uomo possa, e debba, cambiare. Qui si discute del fatto che quello di Fini è un cambiamento troppo radicale e in quanto tale contraddittorio di tutto quanto per trent’anni ha detto nell’aula di Montecitorio, e nelle diverse piazze italiane. Senza rispetto per chi lo ha votato e seguito. Una scatola vuota? Un opportunista? Se è sincero, perché non si è dimesso da tutte le cariche e, libero dai riflettori e da ogni collusione col potere, non si è ritirato per un anno o due a riflettere sul suo passato per poi ripresentarsi sotto una veste nuova al giudizio degli elettori? Ma la questione che più mi inquieta è altra: com’è possibile che lui e il suo gruppo possano trovare come alleati dei cattolici e considerarsi vicino al Partito popolare europeo? Cordialmente,

Roberto Vargiu, Castel San Pietro Terme (Bo)

Non solo conosco piuttosto bene la biografia di Gianfranco Fini, gentile signor Vargiu, ma ho seguito con attenzione, negli ultimi vent’anni, sia la sua parabola politica sia l’evoluzione delle sue posizioni personali su questioni di rilevante portata pubblica. E ritengo che sia più che giusto considerare un interlocutore chi la pensa diversamente da me.Discuto da sempre con tutti: non solo con i postfascisti, ma anche con i fascisti non pentiti, così come con gli ex comunisti e con i comunisti militanti e non ho mai avuto problemi a confrontarmi, da laico cattolico, con i laicisti più radicali (anche se preferisco di gran lunga e considero intellettualmente affini i "laici laici" ovvero sereni e davvero liberi di giudizio). "Interlocutore", infatti, non significa "alleato". La diversità dichiarata di opinioni e di ideali non può far paura. E questa chiarezza è, appunto, la premessa, di interlocuzioni (e persino di amicizie) che non saranno mai "matrimoni", ma possono benissimo produrre – mi è accaduto e l’ho visto accadere varie volte – conclusioni comuni e azioni convergenti.Tuttavia, caro amico lettore, i suoi interrogativi sono sensati. E ammetto che si sono fatti più forti dopo aver letto quel che due domeniche fa – il 14 novembre – "integrando" la lettera che poche ore prima mi aveva indirizzato il presidente Fini, il "Secolo d’Italia" ha scritto (anzi, largamente trascritto, citando altrui intemerate anticattoliche e livorosetti attacchi personali) a proposito delle politiche per la famiglia. A più di un osservatore viene, infatti, da interrogarsi con curiosità e un ben proporzionato allarme – non stiamo mica ragionando di una svolta epocale nella politica di casa nostra... – su quale Italia intenderebbe costruire l’ultima versione della destra targata Fini.Ma io continuo soprattutto a chiedermi perché mai sedici anni di alleanze durature eppure fragili (nel centrodestra) e fragili e nemmeno durature (nel centrosinistra) abbiano insegnato così poco ai protagonisti della politica italiana. Si possono fare anche alleanze tra distinti e distanti (come si diceva un tempo), ma se poi non si riesce mai a completare davvero un’azione di governo e di riforma, vuol dire che ci si è alleati per tattico interesse o anche solo per dispiacere e per scontento. E, qualche volta, persino contro se stessi, e contro il Paese. Ne è un esempio eloquente il pendolarismo – riuscito o tentato – dei radicali da un polo all’altro (quasi sempre contemporaneo a pesanti riprese di iniziativa sui fronti d’attacco – eutanasia, aborto, matrimonio – che a loro premono).Quanto, infine, caro Vargiu, all’appartenenza o alla "vicinanza" di questo o quel partito al Popolarismo europeo (cioè a una visione a un’azione politica cristianamente ispirate), posso dire che aspetto con ansia il giorno in cui richiamare simili concetti significherà descrivere una solida e lineare coerenza di comportamenti, di scelte, di princìpi e – appunto – di alleanze strategiche. (mt)
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