domenica 9 gennaio 2011
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È pressoché comune sentire che il momento storico che vive il nostro Paese, nel contesto della vicenda internazionale, sia difficile e preoccupante. Un noto editorialista, qualche giorno fa, tracciando il bilancio dell’anno appena concluso, scriveva: «Non vanno bene le cose per l’Italia», ed elencava criticità, ritardi e difetti, invitando a dire la verità al Paese. Non gli si può dare torto. Concordano sostanzialmente gli analisti più acuti, lo conferma la gente comune, scontenta e delusa, che con fatica affronta tanti problemi ogni giorno. Sono in sofferenza ambiti essenziali del vivere sociale, primo fra tutti il lavoro, quello giovanile in particolare. È un punto critico veramente serio. Il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica deve fare riflettere tutti.Le famiglie non sono tranquille e cresce il malessere sociale. Si tocca con mano. Ma attenti al pessimismo! Lo sviluppo dell’Italia, dal dopoguerra ad oggi, frutto della laboriosità e della parsimonia del nostro popolo è fuori discussione ed è un dato culturale, ma proprio per questo le nuove generazioni sono disorientate e inquiete dinanzi alla crisi. Naturalmente la crisi è globale, nessuno lo nega, ma la giustizia sociale sbandierata da tutti, senza fatti conseguenti diventa una parola vuota, che fa crescere la rabbia e la protesta.Perché l’analisi della situazione non resti esercitazione retorica, capace soltanto di accrescere lo sconforto e la sterile rassegnazione, a me pare che si dovrebbe avere il coraggio di andare al fondo del problema, che non è politico ma morale. Se la passione per il bene comune si affievolisce e la coscienza del dovere è sopraffatta dalla logica del proprio interesse, se dilaga la corruzione dalle forme più vistose a quelle più nascoste, se si evade tranquillamente il fisco (prassi ritenuta ormai una forma di risarcimento), se cresce la delinquenza organizzata, se c’è chi pur avendo tutto non si contenta mai, sottraendo spazi di lavoro e di guadagno a chi non ne ha alcuno, se la scaltrezza e la furbizia sembrano essere virtù necessarie per vivere nella società di oggi, se in definitiva cresce la mentalità individualista, allora si possono anche escogitare formule politiche innovative e meccanismi raffinati di coercibilità, forse si limiteranno i danni, ma il benessere della società sarà un miraggio. «Il vero problema in questo momento della storia – ha scritto il Papa – è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi si manifestano sempre di più».L’immoralità affonda le sue radici nel cuore dell’uomo che si fa misura di se stesso e del suo agire («Dal cuore degli uomini escono impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza»: Mc. 7, 21–22). Se il cuore dell’uomo resta di “pietra” e non diventa di “carne”, per dirla con il profeta Ezechiele, la società non migliorerà mai. Al contrario, la moralità pubblica e privata, che genera comportamenti e stili di vita virtuosi ha bisogno di alimentarsi di Dio e della sua Parola, da cui attingere luce, energia e vita. Senza Cristo, fondamento di valori imprescindibili, non c’è salvezza per l’uomo, tutto intero, persona singola e corpo sociale. Questa credo che sia la verità ultima che vada detta anche al Paese. E, per la sua parte, la responsabilità della Chiesa è grande.
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