venerdì 11 settembre 2015
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Caro direttore, le scrivo per chiederle lumi a proposito della risoluzione - non vincolante eppure citatissima - approvata a Strasburgo sullo stato dei diritti fondamentali nell’Unione Europea. Leggendo diversi quotidiani, ho notato diverse significative differenze, prima fra tutte il numero del paragrafo: 85 o 86? Tuttavia ciò che più mi disturba è che, da quel che mi risulta, il Parlamento sottolinea che «i diritti fondamentali delle persone Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali e transgender e intersessuati) sono più probabilmente tutelati se hanno accesso a istituti legali come coabitazione, partnership registrata o matrimonio». Non si capisce perché in generale i media continuino a tralasciare il «sono più probabilmente tutelati» e soprattutto sostituiscano «o matrimonio» con «e matrimonio». O, meglio, si capisce bene se l’intento è quello di voler forzare un messaggio che possa far sentire l’Italia come retrograda e (addirittura!) contraria ai diritti umani. Il risultato poi sono i titoli: «L’Italia dica sì ai matrimoni gay». E questo è ciò che resta.
Cordiali saluti Danilo Marimpietri, Genova Gentile direttore, sento che la Ue sta facendo pressione sugli Stati non allineati perché concedano il matrimonio a coppie dello stesso sesso. Ma il matrimonio gay, col diritto ai figli, utero in affitto compreso, prima che contro qualsiasi norma religiosa, prima che contro il disegno di Dio, è contro la ragione e contro natura! E il fatto che possa essere - e altrove già lo sia - punito chi lo afferma, non è che una prova di un impazzimento della ragione e la morte di una civiltà! Claudio Forti, Trento Caro direttore, il Parlamento europeo chiede all’Italia di adottare una legge che permetta il matrimonio tra persone omosessuali. Mi sembra strano che nessuno ricordi che l’Europa non ha competenza giuridica a occuparsi di famiglia, in quanto questa materia è rimasta attribuita a ogni singolo Stato sovrano. La raccomandazione europea è, quindi, da considerare nulla. L’Italia può quindi decidere in assoluta autonomia, secondo la propria millenaria tradizione giudaico-cristiana e secondo le impostazioni giuridiche che ci giungono addirittura dall’epoca classica. Spero che i politici cattolici non vengano meno ai propri convincimenti.Giuseppe Zola, MilanoIl direttore rispondeDiversi i toni, identica la preoccupazione per il pressing condotto nell’Europarlamento sulla questione delle unioni tra persone dello stesso sesso e a motivo della proiezione mediatica che quel pressing ha ottenuto. Non è la prima volta che una vera e propria tenaglia politico–mediatica si chiude intorno a scelte “eticamente sensibili” in procinto di essere assunte, e neanche io, gentili e cari amici lettori, riesco ad abituarmi a questo tipo di stretta e a subirla senza protestare. Soprattutto perché, da giornalista, conosco i doveri di chi fa un mestiere che lo porta a informare i cittadini e a contribuire a formare l’opinione pubblica in un grande Paese democratico come l’Italia. Proprio per questo voglio innanzi tutto confermare al dottor Marimpietri che è esatto quanto scritto da Giovanni Maria Del Re su “Avvenire” del 9 settembre scorso a proposito della votazione con cui l’Europarlamento ha approvato la “Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nella Ue” che era stata predisposta dall’italiana Laura Ferrara, parlamentare del Movimento 5 Stelle. Il testo relativo alla regolazione dei rapporti tra persone dello stesso sesso è contenuto nel paragrafo 85 e tra i termini «unione» (o partnership) e «matrimonio» c’è «o» e non «e». La cosa ha significato, anche se non mi entusiasmerei più di tanto per questo e neanche per il pur rilevante avverbio «probabilmente». Il “clima” del paragrafo è, comunque, cattivo. È vero, però, che la traduzione giornalistica è riuscita a essere quasi ovunque persino peggiore. Così com’è vero che l’Europa su queste materie – riservate alla regolazione degli Stati, come abbiamo sottolineato infinite volte e come opportunamente ricorda l’avvocato Zola – non può dettar legge. L’Europa, nelle sua massima istituzione rappresentativa, il Parlamento di Strasburgo, dovrebbe piuttosto trovare lucidità e coraggio per denunciare l’orrore che, da diverse posizioni ideali, intellettuali e padri nobili della politica del Vecchio Continente hanno cominciato, come noi, a vedere e a rifiutare con pubbliche prese di posizione: la schiavizzazione e la "cosificazione" delle donne attraverso la disumana pratica dell’«utero in affitto». Ha ragione il signor Forti: di fronte a questo scandalo non si può tacere, qualunque minaccia ci venga agitata davanti. L’importante, insisto, è vedere e parlare chiaro, senza paura e senza toni esasperati. Quando sono in questione le persone umane, la loro vita di relazione, i sentimenti e l’intangibile dignità di tutti e di ciascuno – ma davvero di tutti e di ciascuno, nessuno escluso – bisogna essere capaci di molto rispetto umano e molta delicatezza e di saper agire con tenace e saggia determinazione.
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