giovedì 16 febbraio 2023
Le testimonianze raccolte sulla vicenda che è costata la vita all’ambasciatore italiano, all’autista e a un carabiniere fanno pensare a un atto pianificato. I misteri non chiariti
Soldati delle Nazioni Unite e delle Forze Armate del Congo nel punto in cui è stato assalito il convoglio con l’ambasciatore Attanasio

Soldati delle Nazioni Unite e delle Forze Armate del Congo nel punto in cui è stato assalito il convoglio con l’ambasciatore Attanasio - .

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Due anni di indagini complesse, osteggiate e incomplete. Omissioni e incongruenze mai chiarite. Un dolore che si perpetua ogni giorno spronando i familiari dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, a non recedere dalla richiesta di verità. Soprattutto a fronte dei nuovi, inquietanti, elementi emersi sull’agguato del 22 febbraio del 2021 nella Repubblica democratica del Congo in cui le tre vittime in attesa di giustizia persero la vita mentre viaggiavano con un convoglio del World food programme attaccato da un gruppo armato sulla “Route nationale deux”, nella regione del Nord Kivu. S ulla base delle testimonianze raccolte nell’ambito di un’inchiesta giornalistica investigativa sul luogo in cui si è consumato il delitto e a Kinshasa, capitale congolese, è stato possibile ricostruire alcuni avvenimenti che sono rimasti a lungo in un cono d’ombra e da cui emerge che l’attacco non sarebbe stato casuale ma premeditato. Dichiarazioni in parte acquisite dagli inquirenti italiani, guidati dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, che hanno depositato a fine gennaio 2022 gli atti dell’istruttoria della Procura di Roma realizzata dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale che per due volte sono andati nella Repubblica democratica del Congo. Senza, tuttavia, riuscire ad arrivare a Goma. Solo grazie ad alcuni testimoni che erano sul posto all’epoca dei fatti, e che avevano seguito le prime fasi delle indagini delle autorità locali, è stato possibile mettere insieme tassello dopo tassello una vicenda da subito apparsa dai contorni oscuri e viziata da tentativi di depistaggio.

Ancor prima dell’inchiesta congolese, nell’immediato, e della Procura di Roma, poi, sono emersi elementi importanti su quanto accaduto nelle ore precedenti e successive a quel maledetto 22 febbraio. Molte azioni e atteggiamenti, già dalle prime ricostruzioni, sono apparsi tutt’altro che trasparenti. Aspetti che ancora oggi sono avvolti da un’inaccettabile omertà, come la responsabilità della mancata sicurezza per quella missione del World food programme e del “perché” di determinati comportamenti e decisioni che hanno favorito l’assalto sulla strada attraversata dal convoglio dell’agenzia delle Nazioni Unite, che i responsabili della sicurezza di quell’operazione avevano classificato zona “verde” e dunque “sicura”. In realtà quel percorso risultava “green” solo per un brevissimo tratto mentre il resto del percorso era considerato “giallo” e in base a tale allerta doveva essere valutato il livello di rischio. Su questo aspetto e sulle responsabilità dei funzionari del Wfp la Procura di Roma ha istruito un’indagine che si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio, depositata lo scorso novembre, nei confronti degli indagati Rocco Leone e Mansour Rwagaza, rispettivamente vicedirettore dell’organizzazione Onu in Congo e responsabile della sicurezza del convoglio.


C’era un basista che avrebbe informato il gruppo armato, che sin dal giorno prima era nei pressi della località “Trois Antennes”, del passaggio di quel convoglio. L’obiettivo sembra fosse proprio il diplomatico, tradito da qualcuno che conosceva bene i suoi spostamenti

I superstiti dell’imboscata de l 22 febbraio 2021 hanno sempre sostenuto che si fosse trattato di un sequestro estemporaneo “finito male”. Ma la “verità” espressa da altri che hanno assistito a quell’agguato, in particolare la gente del villaggio di Kikumba, lungo la strada da Goma a Rutshuru, dice qualcosa di diverso. C’era un basista che avrebbe informato il gruppo armato, che sin dal giorno prima era nei pressi della località “Trois Antennes”, del passaggio di quel convoglio. L’obiettivo sembra fosse proprio l’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, tradito da qualcuno che conosceva bene i suoi spostamenti. A rafforzare la tesi che si sia trattato di un attacco premeditato, le informazioni riferite da alcuni ranger del Parco Virunga che si trovavano nella zona per l’avvio di un cantiere per la realizzazione di un traliccio dell’alta tensione. Dichiarazioni suffragate anche da testimonianze presenti negli atti dell’inchiesta dei magistrati italiani.

Intorno alle 7,30 del 22 febbraio 2021, al loro arrivo nell’area dove si sarebbe consumato il delitto, i guardaparco erano stati avvicinati da alcuni membri della comunità locale che avevano raccontato di “accadimenti che, quel giorno, non avrebbero consentito di iniziare quei lavori”. Gli uomini della riserva non avevano dato loro peso in quel momento, ma alla luce di quanto era accaduto dopo le frasi della gente del luogo avevano assunto tutt’altra consistenza, un significato concreto. E le hanno riportate agli inquirenti congolesi. Il dato evidente è che la popolazione locale già dal mattino presto di quel 22 febbraio sapesse di “imminenti gravi accadimenti”, come è scritto testualmente negli atti giudiziari, e dunque che l’attacco fosse pianificato e non l’estemporanea iniziativa di criminali comuni che avevano intenzione di “fare soldi” con un occidentale, “un bianco” qualunque, da rapire per chiedere un riscatto.

Nel raccontare gli eventi del 22 febbraio l’ufficiale congolese aveva evidenziato come gli assalitori, secondo le informazioni da lui acquisite da fonti certe, fossero sul posto già dal sabato precedente l’attacco e sosteneva che un comandante di battaglione delle Forze armate della Repubblica democratica del Congo sospettato di un coinvolgimento nell’attacco, nonostante numerosi ordini di comparizione per rendere dichiarazioni “aveva impunemente omesso di presentarsi”. Il “ruolo” di uomini dipendenti dal tenente corrotto e di elementi provenienti dal Ruanda nell’imboscata, gli era stato confermato non solo dalla gente di Kikumba ma anche da un ex presidente dell’assemblea provinciale del Nord Kivu, che aveva a sua volta ricevuto confidenze da un testimone del villaggio con legami con i servizi segreti ruandesi.

Tra le informazioni rilevanti quella relativa alla rimozione, poco prima della missione a Goma organizzata dal vice direttore del Wfp in Congo, Leone, del posto di blocco dell’esercito istituito in località “Trois Antennes”, l’area dove era stato compiuto l’assalto. Per indagare sulla smobilitazione di quel check point, che era stato predisposto a seguito di sequestri di civili ad opera di gruppi armati sulla Route Nationale 2, erano stati fermati alcuni militari poi però rilasciati su ordine della Commissione inviata da Kinshasa per valutare l’operato degli inquirenti di Goma. Dopo alcune settimane la squadra che seguiva le indagini che coinvolgevano i soldati congolesi era stata smobilitata. A fronte di tutti questi accadimenti, la convinzione maturata dall’ufficiale che si fosse trattato di un omicidio mirato e non di un rapimento finito male si è rafforzata.

Anche in considerazione di altre incongruenze: la richiesta di tabulati telefonici per controllare i flussi dei cellulari dei militari sospetti rimasta inevasa dai dirigenti delle aziende di telefonia mobile, che si erano rifiutate di produrli; il fatto che un convoglio con operatori umanitari europei era passato indisturbato sulla stessa strada poco prima di quello del Wfp con il quale viaggiava Attanasio e, infine, il mancato interrogatorio di un testimone fondamentale come il comandante di un altro battaglione la cui presenza nell’area dell’agguato era strategica. Incongruenze e misteri che non sono mai stati chiariti.

Il 17 febbraio, nel secondo anniversario dell'uccisione dell'ambasciatore Luca Attanasio, esce nelle librerie italiane il libro-inchiesta "Le verità nascoste del delitto Attanasio", a cura dell'autrice di questo articolo, la giornalista e scrittrice Antonella Napoli, direttrice della rivista "Focus on Africa". Il libro ricostruisce tutte le fasi dell'agguato e ne svela misteri e fatti finora lasciati in un cono d'ombra. La prima presentazione è in programma il 17 febbraio a Roma alla Fondazione per il giornalismo Paolo Murialdi (ore 17.30), mentre in Lombardia appuntamento a Limbiate il 22 febbraio alla libreria Mondadori alle 12 e il 23 febbraio a Milano alle ore 18.30 nello spazio Will di via Cappuccio.

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