Una Pasqua diversa, qui e in Myanmar: speranza per cambiare noi e il mondo
sabato 3 aprile 2021

Caro direttore,
sono moltissimi a dire che, come quella dello scorso anno, anche questa del 2021 sarà una Pasqua diversa. Diversa da quelle che si sono vissute due, tre e più anni fa. Sarà bene ricordare che, in questo mondo, niente è uguale, se non astrattamente. Tutto è sempre diverso. Ogni uomo è diverso da un altro, così come ogni foglia è diversa dalle innumerevoli altre e ogni sasso diverso da ognuno di quelli di una sterminata spiaggia. Per cui, per chiunque, sempre diverse sono state le Pasque che ha vissuto nel passato. Diverse se le ha vissute nel luogo di residenza. Diverse se le ha vissute in luoghi lontani da questo. Diverse sono state anche per coloro che le hanno vissute nel vivente ricordo dell’istituzione dell’Eucaristia e della cattura di Gesù nel Giovedì Santo, del processo, della condanna, della Via Crucis, della crocifissione, della morte, della sepoltura nel Venerdì Santo, della Resurrezione (che per chi crede è l’avvenimento più grande della storia dell’umanità) nella Domenica. Diverse perché, di anno in anno, questi ricordi sono stati sempre più profondi, e perché sempre più chiari sono stati il senso e l’orientamento che davano al proprio vivere e a quello dell’umanità.

La Pasqua del 2021, innanzitutto, come quella del 2020, sarà diversa perché sarà vissuta con ritmi più lenti di quelli con i quali si vivevano le Pasque più recenti. Ritmi che, come sempre meno testimoni ricordano, c’erano durante le Pasque del tempo della Seconda guerra mondiale e dopo di questa, nei Lunedì in Albis, quando si facevano scampagnate sui monti o fra i campi che circondavano il proprio paese. Sono ritmi che potrebbero suscitare malinconie e nostalgie se queste non fossero respinte, talvolta con irritazione, rendendo ancor più deboli se stessi. Negli anni scorsi il crescente vivere con ritmi frenetici ha sempre più allontanato dal passato, e dal guardare con responsabilità verso il futuro, e ha spinto a restare unicamente nel presente, nel quale sono state vissute anche le Pasque. Sorprendentemente ora è proprio il presente che proietta nel futuro il passato dell’andare in luoghi lontani, degli incontri, delle conversazioni, dei pranzi, delle cene con persone diverse. Ma quando, dopo l’epidemia, il futuro diventerà presente, questo sarà diverso da come lo si immagina. Non solo perché ci si accorgerà che non pochi con i quali ci si incontrava e si conversava , rivelando quel nuovo che era in se stessi, non ci sono più. Ma anche perché ognuno di noi sarà diverso. Nessuno sa come. Ognuno lo scoprirà da sé.

Pasqua significa passaggio. Molto probabilmente questa Pasqua del 2021 sarà ricordata come momento fondamentale del passare da quel che tutti conoscono a quel che nessuno conosce. La speranza è che per molti sia il passare dal ritenere che l’uomo possa avere la stessa onnipotenza di Dio al resuscitarLo in se stessi, e al ritenere che si debba essere collaboratori del disegno della Sua creazione, quantunque si sia come foglie che un vento può disperdere.

Raffaele Vacca​

Caro direttore,

questo è il testo di una mail che ho ricevuto da un caro sacerdote birmano con il quale sono in contatto da ormai vent’anni. L’italiano è quello che è, ma estremamente facile da comprendere.

«... Grazie per il messaggio e vostra preoccupazione. Internet e aperto solo poche ore al giorno. Siamo tutti amareggiati. Funerali dopo funerali dei tutti giovani. Ieri aspettavamo che Nazioni Unite decida un intervento militare per salvare le vita, Non hanno neanche fatto un accordo. Ora sperano tutti che li vedano per le strade. Quando esco fuori, ognuno guarda avanti, se vede i camion militari stanno venendo, bisogna entrare alla casa più vicino. Altrimenti può finire come cadavere oppure come prigioniero. Sembrano essere delle forze di occupazione straniera. Ora la gente resiste con le proteste pacifiche ed anche nessuno va a lavorare più. Fanno come disobbedienza civile. Anche le banche sono chiuse da un mese. Non si può neanche ritirare propri soldi. dalla banca. Per fortuna ci sono molti donatori che offrono i pasti gratuiti per le strade per i manifestanti e per i poveri. Preghiamo. Sembra che Buon Dio ci ha dimenticato».

Ometto la firma perché sarebbe pericoloso diffondere le generalità del mio amico prete. Invio a lei perché questo testo contribuisca a diffondere la conoscenza delle vessazioni a cui sono sottoposti i birmani da decenni dalla giunta militare che tiene in mano il loro Paese. Per favore, continuate a tenerci informati! Aiutateci ogni giorno a non dimenticare loro, e tanti uomini e donne d’Africa, i nativi amazzonici, gli uiguri, gli yazidi... Continuate a offrici pagine che ci “costringano” ad averli tutti sempre nel cuore e nelle preghiere. Fateci capire anche come si muove la Farnesina su questi dossier, per far sentire che noi italiani siamo vicini a quelli che rischiano, proprio come le due vittime dell’assassinio in Congo, ma anche per far sì che chi guida la nostra diplomazia si senta stimolato a non sottovalutare nulla. Grazie.


Lamberto Rabitti


Sono egualmente coinvolgenti e profonde, sebbene diversissime tra loro, le due lettere che ho scelto per accompagnare una piccola riflessione e un grande augurio in questo giorno di Pasqua dell’anno del Signore 2021. La speranza della Resurrezione è offerta ancora una volta a tutti e a ciascuno. È di nuovo diversa, certo, caro Vacca, come lei magistralmente argomenta. Ed è difficile, non c’è dubbio, caro Rabitti, soprattutto in Myanmar, dove la sofferenza a causa della repressione militare è grande e il messaggio-grido del suo amico sacerdote è straziante. Ma è una speranza vera, e luminosa. E ci accompagna e ci sospinge. Mentre ci assedia senza requie, e riempie ogni giorno di nuovi lutti e nuove povertà, il male del “morbo globale” che il nuovo coronavirus ha scatenato in ogni angolo della Terra. Mentre tanti, nell’intimo e nelle relazioni con gli altri e nella «casa comune», fanno i conti con le riscoperte dell’essenziale che la pandemia ci ha costretto a compiere e tanti altri, invece, presi dal mito del “tornare al come prima” quelle somme sembra che non le vogliano tirare. E mentre troppe parti della società planetaria – non soltanto il Myanmar, l’antica terra-mosaico di etnie e di fedi che chiamavamo Birmania – continuano a essere piagate dalle ingiustizie e dalle violenze dei potenti per armi, ricchezze e conoscenze, dei fondamentalisti religiosi e politici, degli intolleranti, di coloro che non si sentono fratelli e sorelle di nessuno. Non siamo in pace, anche se Cristo, nostra pace, ha sconfitto la morte, perché i carnefici di anime e persone e popoli non sono ancora sconfitti.
Per questo della speranza della Resurrezione abbiamo più che mai bisogno. I limiti umani possono essere oltrepassati solo per amore, tutto il resto è imbroglio e sopraffazione. Buona Pasqua, allora. Viviamo di nuovo questa gioia, e ricordiamoci che c’è un gran lavoro da fare per cambiare il mondo. E tocca anche a noi.

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