sabato 14 gennaio 2017
Una cultura malata porta frutti avvelenati
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Ancora una volta ci siamo ritrovati con le pagine dei giornali e i servizi dei notiziari che raccontano di un tremendo delitto familiare, con l’aggravante vertiginosa dei futili motivi. Ancora una volta gli stessi giornali, gli stessi notiziari raccontano di una coppia di ragazzi prima felici, poi separati che conclude la crisi con l’acido sul viso bellissimo della ragazza, che rischia di perdere la vista. Provare a spiegare (attenzione, spiegare, non giustificare) la violenza intrafamiliare e nei rapporti di coppia, che ancora fortunatamente ci sconvolge nei racconti spietati dei notiziari, è un’operazione complessa, certamente non monodimensionale, ma necessaria.

Lo dobbiamo soprattutto ai tanti ragazzi, alle tante giovani che illuminano col loro sorriso le nostre vite di genitori: dobbiamo essere in grado di offrire loro una interpretazione serena, ma coraggiosa, di quello che davvero sta capitando alle nostre società, alle nostre comunità. Autorevoli psichiatri, coinvolti a caldo, nel 'subito dopo', per ottenere un barlume di interpretazione, ci dicono che i ragazzi che hanno fatto fuori i genitori ad accettate non sopportavano la benché minima frustrazione, che i ragazzi che danno fuoco alle loro fidanzate volevano distruggerle e dunque distruggere la loro immagine (perché la donna continua ad essere soprattutto immagine, bellezza) e che non tolleravano di essere lasciati perché dotati di una personalità fragile. Tutte cose condivisibili e probabilmente vere, che però lasciano in ombra quello che a me sembra la vera origine, la matrice velenosa che sta infettando un’intera cultura, un’intera epoca, e che non può che avere questi frutti. Siamo in una foresta di cui tutti noi vediamo solo la punta degli alberi, senza nulla scorgere dell’intricatissimo viluppo di spineti e di liane scivolose, del susseguirsi di letali acquitrini che essa nasconde. Tra poco più di un mese la ricorrenza celebrativa dell’8 marzo farà fioccare analisi di impostazione diversa, orientate a evidenziare il perenne latente conflitto per il potere tra maschile e femminile, che ricondurranno le devastazioni col fuoco o con l’acido dentro infelici coppie, al fatto che il maschio non può sentire di perdere il controllo sulla femmina, pena la perdita violenta e crudele dell’auto controllo. Anche queste analisi conterranno la loro parte di verità, ma la foresta velenosa continuerà a proliferare indisturbata, a invadere con ramificazioni vigorose e letali nuovi territori. Ma di quale foresta stiamo parlando, qual è questa matrice insana che produce frutti avvelenati? Un tempo ormai lontano le persone caratterizzate da alcune perversioni (sadismo, masochismo ecc.) avevano i loro circuiti: conoscevano i posti dove guardare film, spettacoli, in cui ritrovare rappresentati i loro fantasmi. La cosa in sé era tremenda, ma minoritaria e 'confinata'.

A un certo punto qualcuno (che evidentemente non voleva sentirsi parte di una minoranza 'maledetta' e che era abbastanza potente per far sentire la sua voce) ha cominciato a dire che non stava scritto da nessuna parte che certe pratiche fossero 'malate', e che anzi andavano derubricate nei manuali di psichiatria. Contenuti audiovisivi che rappresentano quest’immaginario malato hanno preso gradatamente spazio e diritto di cittadinanza nei circuiti di distribuzione di un immaginario di massa. Centrali ideologiche senza scrupoli, ossessionate dal loro stesso nichilismo, hanno sfondato il muro del suono di ogni etica, di ogni concetto del limite, e hanno fatto di queste 'depravazioni' un passatempo: film che mostrano donne seviziate in ogni modo, videogiochi che insegnano a far fuori le persone e i genitori, siti internet che sono una sfida a ogni sguardo, per quanto temerario. Una ricerca nordeuropea, ad esempio, ha evidenziato tempo fa l’abitudine degli adolescenti svedesi a confrontarsi sulla propria capacità di sopportare qualunque spettacolo su Internet, anche il più violento e ributtante. A chi obiettasse che gli adolescenti hanno sempre gareggiato a voler dimostrare di essere forti di stomaco e di audacia (dopotutto, un rito d’iniziazione) si può rispondere che la gara un tempo avveniva su binari molto meno cruenti e comunque ancorati alla vita reale. Il sistema politico-istituzionale ha mostrato di voler arginare in certa misura questo profluvio di miserie umane e morali (che hanno un nome tecnico, si chiamano «contenuti gravemente nocivi») che infetta la mente di persone di tutte le età.

Ma questo sforzo si è dimostrato pura facciata, ipocrita pantomima, che ha impegnato in Italia Comitati e Commissioni rivelatesi impotenti, proprio sul piano normativo, a intervenire su questi prodotti tossici per la mente e per l’anima. La mia non è un’affermazione per sentito dire: ho fatto parte di queste Commissioni per quasi 15 anni. E i tentativi di fare muro contro quest’ondata velenosa sono falliti. No, non sto dichiarando che bastano due ore di tv violenta più due ore di Internet violento più due ore di videogiochi violenti al giorno a inquinare una mente limpida e serena. Ma che queste 6 ore magari su una persona in difficoltà, aggressiva, conflittuale o semplicemente fortemente frustrata un certo effetto ce l’hanno di sicuro. Lo affermano i più grandi psicologi a livello internazionale che lo stesso Barack Obama ha chiamato a consulto dopo l’ennesima strage insensata in una scuola americana. E risparmio al lettore, già affaticato, di parlare del deep Internet dove tutto avviene realmente. Che si aspetta a riprendere una seria iniziativa politico istituzionale su questo tema?

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