martedì 28 ottobre 2008
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Benedetto XVI ha annunciato ufficialmente domenica che il prossimo marzo si recherà in Camerun e in Angola. Si tratta davvero di una bella notizia per l'intero continente, in vista soprattutto della seconda assemblea speciale del Sinodo per l'Africa che si terrà a Roma nell'ottobre del 2009 affrontando i grandi temi della riconciliazione, della giustizia e della pace nel contesto globale dell'evangelizzazione di un continente grande tre volte l'Europa. Il programma prevede in Camerun la consegna all'episcopato africano dell'Instrumentum Laboris sinodale, mentre la visita del Santo Padre in Angola sarà l'occasione propizia per celebrare solennemente il 500° anniversario di evangelizzazione di quel Paese. La prima tappa del viaggio di Benedetto XVI ha certamente un forte significato "teologico-pastorale", non foss'altro perché l'esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Africa, venne presentata ufficialmente da Giovanni Paolo II il 14 settembre 1995 proprio nella capitale camerunese, Yaoundé, raccogliendo le conclusioni della prima assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi svoltasi a Roma nel 1994. Vi è pertanto l'esigenza da parte del Santo Padre di dare continuità ad un cammino di riflessione in modo che la prossima assemblea sinodale, intesa come momento di discernimento in vista di un maggiore impegno nel futuro, possa suggerire proposte pastorali in un continente caratterizzato, parafrasando il teologo camerunese Engelbert Mveng, da una «povertà antropologica», retaggio dell'epoca coloniale, dalla crescente coscienza di un fallimento delle attuali classi dirigenti, unitamente ai disastri di una globalizzazione selvaggia che ha acuito il numero e le sofferenze dei ceti meno abbienti. È necessaria d'altronde, come peraltro indicato in fase preparatoria dal Consiglio speciale per l'Africa della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, un'attenta analisi della società africana odierna capace di produrre un documento finale in grado di perfezionare l'azione evangelizzatrice. Da rilevare che in questi ultimi anni, anche in conseguenza delle numerose tragedie che hanno afflitto il continente, uno dei temi più richiesti dagli studenti africani presenti negli atenei teologici romani per le loro tesi è stata la riconciliazione, intesa proprio come strategia pastorale della Chiesa in Paesi lacerati dalla conflittualità e come profezia e speranza per quei popoli. È in questo senso molto significativa la tappa angolana, commemorativa del V centenario dell'evangelizzazione dell'ex colonia portoghese, trattandosi forse del Paese africano in cui sono maggiormente evidenti le contraddizioni determinate dalla risoluzione di un lunga guerra civile che per decenni ha causato morte e distruzione. Se da una parte infatti la crescita economica angolana sfiora il 25% all'anno grazie al fiorente business petrolifero, dall'altra è a dir poco incandescente la questione sociale: su 16 milioni di abitanti, 14 sopravvivono in condizioni di miseria, mentre gli analfabeti superano il tasso del 70%. Per non parlare dei rigurgiti indipendentistici della più riottosa delle 18 province, la Cabinda " da cui si estrae peraltro la metà del greggio angolano " dove si consuma un conflitto dimenticato dalla stampa internazionale. Una cosa è certa: il continente africano " soprattutto a livello di società civile, Chiesa cattolica in primis " ha dimostrato di non voler continuare ad essere stigmatizzato per le sue sciagure quasi fosse una sorta di metafora delle disgrazie umane. D'altronde, lungi da ogni indebita strumentalizzazione ideologica, dobbiamo prendere atto che la dialettica tra povertà e ricchezza si gioca anche su altri piani. Laddove per le culture occidentali appare scontato " nella generale mercificazione imposta dal pensiero economico dominante " il primato degli affari sulle persone, i popoli africani ci rammentano quello che diceva saggiamente uno dei personaggi generati dall'estro letterario dello scrittore senegalese Cheick Anta Diop a proposito dei rapporti Nord/Sud: «Non abbiamo avuto lo stesso passato, voi e noi, ma avremo necessariamente lo stesso futuro». Un destino comune planetario, ben espresso nell'evangelizzazione "ad gentes", intesa come globalizzazione perspicace di Dio.
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