martedì 6 luglio 2010
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Caro direttore,quando ascolto le rassegne stampa, i telegiornali, o leggo i giornali, spesso mi chiedo: ma questi, rappresentano davvero la realtà? Io penso assolutamente di no! Questi sanno rappresentare benissimo il male, le beghe di palazzo, i pettegolezzi politici o sui Vip, come pure lo scatenarsi improvviso delle violenze familiari o dei delitti passionali. Ma la realtà non è tutta qui: c’è anche tanto bene, tanta voglia di fare e di costruire, che evidentemente non fa notizia! Questa rappresentazione della realtà è molto pericolosa, perché – spero non sia voluta! –, può portare allo scoraggiamento e alla rinuncia a fare il bene. E questo sarebbe il peggior risultato, perché così, come diceva domenica un sacerdote nell’omelia, i potenti – di destra o di sinistra, non importa – possono continuare a manovrarci. Io sono in corrispondenza con dei missionari che lavorano in situazioni ben peggiori della nostra, anche a livello di corruzione politica, eppure continuano imperterriti nella loro azione di bene e di speranza. Da chi traggono la forza di amare e operare sempre e comunque? Anche loro sono società; anche loro sono Chiesa, come la maggioranza (apparentemente) silenziosa dei preti che lavorano e faticano. Eppure dai media ci giunge un’idea di Chiesa solo e tutta al negativo. Forse questa informazione malata di malignità potrebbe farsi dare un po’ di collirio da chi opera per il bene, per vederci e operare un po’ meglio!

Claudio Forti, Trento

Faccio un po’ fatica, gentile signor Forti, a parlare di informazione «malata di malignità». Ma ammetto che l’immagine ci può stare e che lo sguardo mass-mediatico sulla realtà è spesso superficiale e precipitoso e troppo di frequente cronache e opinioni finiscono per essere sorprendentemente aspre e ostili o, al contrario, pregiudizialmente compiacenti. Dipende dai soggetti delle vicende di cronaca. E lei ha purtroppo ragione a lamentare la tendenza a raccontare solo in negativo la presenza e l’azione della Chiesa cattolica. Ma non c’è da rassegnarsi a questo, così come non c’è da indulgere ad alcun vittimismo. E delle sue parole, caro amico, vorrei sottolineare soprattutto l’appello a «darsi un po’ di collirio», cioè a rifare sgombro e limpido lo sguardo del cronista. È possibile e necessario dare conto (e dare forza) alle tante realtà positive che in Italia e nel Mondo operano bene e per il bene. Io, forse lo sa, lo chiamo «raccontare la foresta che cresce». Stia pur certo che per Avvenire – che non chiude, comunque, gli occhi sulle cose inquietanti e storte – è un impegno di servizio ai lettori sempre rinnovato.
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