Un germe pericoloso da riconoscere. Una domanda a Grillo
mercoledì 10 ottobre 2018

Qualche giorno fa il Papa in Lituania ha pregato perché «Il Signore ci aiuti a riconoscere in tempo il germe di ideologie pericolose». È a partire da questo appello accorato che mi permetto di scriverle, signor Beppe Grillo. Potrei aggiungere che ci accomunano, me e lei, amici che sono stati di ispirazione per entrambi, Wolfgang Sachs, Renzo Piano, Pippo Onufrio, attuale direttore di Greenpeace e Ivan Illich che per me è stato un punto di riferimento e qualcuno con cui ho lavorato per vent’anni dal 1979 fino alla sua morte. Dico questo perché mi piacerebbe essere ascoltato non come il solito intellettuale (so che a lei sono invisi) o il solito giornalista (altra classe difficile). Le scrivo per porle una semplice domanda e per surrogarla con alcune considerazioni che penso lei non possa non condividere. Prima le considerazioni.

Il Papa parla di ideologie pericolose e si riferisce a quelle che hanno funestato i Paesi dell’Est, colpiti prima dal nazi-fascismo e poi dal bolscevismo. Prima di essere sistemi di potere queste ideologie si sono espanse come maniere di trattare il mondo: entrambi 'tagliavano corto' e pensavano che per portare un cambiamento bisognasse adottare una logica di puro cinismo: il fine giustifica i mezzi. Il loro discorso era caratterizzato dall’idea che l’emergenza contro i nemici fosse più importante di una logica che abbracciasse le differenze in un ambito democratico. Fascismo e bolscevismo erano accomunati dall’idea che bisognasse in ogni caso eliminare dalla scena politica coloro che remavano contro.

L’ideologia era però ancora più sottile. Invitavano il popolo a seguirli in operazioni di epurazione nei confronti di potenziali nemici. Entrambe vedevano nello straniero in casa, fossero ebrei, rom o quant’altro, e nello straniero che arrivava da fuori un pericolo per l’avanzamento della propria causa. Ed entrambe avevano effetto. La gente si faceva giustizia con le proprie mani, eliminando il nemico, magari aiutata da squadre addette alla somministrazione del ricino o specialiste della violenza pubblica. Credo che però alla base di tutto questo ci fosse la giustificazione cinica di mezzi per arrivare a certi fini. Illich e prima di lui Aldous Huxley hanno scritto di questo. Torniamo al Papa e all’invito che egli rivolge a tutti noi e quindi anche a lei, Beppe Grillo. Siamo capaci di «riconoscere il germe di ideologie pericolose?».

È un invito a cogliere i segni dei tempi, cosa che lei ha sempre saputo fare fino a qualche tempo fa. I segni sono intorno a noi. Intolleranza, violenza diffusa, attacchi alle persone con idee diverse, e dall’altra parte politici che si servono del loro potere per indurre tutto questo, salvo poi lavarsene le mani quando vengono richiamati a un senso di responsabilità. Da molte parti si respira un’aria che somiglia a quella della fine della Repubblica di Weimar o molto semplicemente si sente un’aria di 'manganello'. Glielo dico non da sinistra, come potrebbe pensare, ma da cattolico che crede che nulla possa giustificare il cinismo e nulla possa giustificare la violenza.

Perché mi rivolgo a lei? Perché penso che in quanto artista, critico del presente e persona attenta lei non sia ancora un cinico. Cioè non pensi che la politica giustifichi l’abdicazione dei valori, la rinuncia ai propri ideali. E credo che lei condivida un certo senso cristiano del vivere insieme che non permette che l’odio si propaghi perché esso, come si sa torna sempre indietro, e comunque fa restare le società bloccate in un rancore infinito. La domanda, molto semplice che le pongo è, signor Grillo, ci salverà lei dal pericolo di un fascismo che si avvicina?

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