Uomini che uccidono le donne (e i figli)
martedì 18 febbraio 2020

Sabato notte a Sorso, un piccolo centro della Sardegna. Zdenka Krejcikova, di origine ceca, è in casa con le figlie gemelle, di 11 anni. Colpi alla porta, urla, poi nell’appartamento fa irruzione l’ex compagno della donna, Luigi Fadda, già diffidato dall’avvicinarla. L’accoltella davanti alle bambine. Lei, ferita, si rifugia con loro in un bar. Ma nemmeno lì è in salvo. Verrà poi trovata in un paese vicino, morente.

Non se ne è parlato molto: una tragedia uguale a troppe altre ormai. Tutte, alla fine, simili. Dopo anni di minacce e botte, il concitato precipitare delle ultime ore, quando la vittima fugge, sola come una preda.
Ma, prima, che cosa accade prima che un uomo uccida una donna che ha amato, e spesso madre dei suoi figli? Il 28 febbraio 2018 a Cisterna, Latina, un carabiniere ha ucciso le sue bambine e si è suicidato dopo avere sparato alla moglie. Lei, scampata alla morte e profondamente credente, ha perdonato.

Oggi vengono alla luce, e pubblicate sul web, le lettere lasciate dall’assassino a genitori e fratelli, poche ore prima della tragedia. Colpisce l’apparente estrema lucidità di Luigi, 43 enne appuntato dell’Arma. Scrive al fratello: «Bisogna chiudere il mio cellulare. La casa va venduta e il ricavato lo dividi con... (la sorella) al 50%. Stacca le utenze, vedi il condominio da pagare...». Sembra la lettera di chi stia per trasferirsi all’estero e disponga ordinatamente dei suoi beni, come un buon padre di famiglia. Ma quel padre aveva già deciso che, il mattino dopo, la sua famiglia l’avrebbe annientata.

La moglie, Antonietta, viene trovata gravemente ferita fuori di casa. Lui le ruba le chiavi, entra e spara a Martina, 11 anni, che dorme, e a Alessia, 13 anni. Poi, si ammazza. Un eccidio lungamente meditato, emerge dalle lettere, e inizialmente programmato per il giorno di San Valentino. Come un atroce regalo alla donna che aveva sposato. Sembra impossibile, arrivare a questa ferocia. Eppure, vicende simili si susseguono. Follia, ti dici, parola che quasi rassicura, perché pone queste tragedie come al di fuori della vita normale – qualcosa che in fondo non ci riguarda. Follia, e però quell’uomo era un carabiniere regolarmente in servizio. Seguito, sì, da uno psicologo per via delle difficoltà familiari.

Ma aveva superato senza sforzo, il test di idoneità al porto d’armi. Follia, ma nella sua ultima sera pensa all’auto da vendere, alle spese per il funerale, alle pendenze con il condominio. «Stacca le utenze, pensa alle bollette...». Lucidissima follia, invisibile agli occhi dei colleghi. Oppure c’è, dietro all’esplosione di Cisterna, dell’altro, che appena trapela tra le parole scritte ai genitori. «Come voi sapete lei mi ha fatto troppo del male, e non riesco a perdonarla».

Un male non vero, immaginario, dicono i conoscenti della coppia. Ma sta di fatto che un certo giorno quell’uomo, convinto di un torto, ha cominciato a odiare. A depositare ogni sera in sé, nell’andare a dormire, un rancore. Un’ombra forse, all’inizio. Che però ogni mattina, nel ripresentarsi alla memoria, impercettibilmente si allargava. Le voci delle bambine, i consueti rumori di casa, la moglie che si sforzava di perdonare, e di sperare. Ma l’odio, coltivato, attecchiva. Come una pianta lenta a crescere, e però tenace, che avvinghia le radici all’anima. Un’ombra da niente, che alla fine acceca. Fuoco, allora, contro la donna che ha sposato, fuoco contro le proprie figlie. Fuoco contro sé stesso, quando la disperazione travolge e annienta. Forse ricorriamo troppo facilmente alla categoria della follia davanti a certi omicidi in famiglia, e trascuriamo la incapacità di perdonare, che negli anni può accumulare un odio granitico.

Fra le parole che il Papa ripete spesso c’è l’esortazione, ogni sera, a perdonarsi reciprocamente, e a chiedersi perdono. Perché, al mattino, sia un nuovo giorno, e si possa ricominciare daccapo. Antico insegnamento cristiano: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira», scriveva Paolo agli Efesini. Come se nell’oscurità il rancore si moltiplicasse, rigoglioso. La necessità di quell’istante, prima del sonno, di misericordia per l’altro, e per sé. Forse dietro alla terribile catena di violenze contro donne un tempo amate, e perfino contro i figli, c’è anche il lungo oblio di sere distratte e rumorose; e mai un istante di silenzio, uno sguardo serio al giorno andato – e un abbraccio, che ci liberi dal male.

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