martedì 15 marzo 2022
Sotto bombardamenti continui Kiev e altre città. Mosca sceglie la strategia del terrore. Nel mirino pure i giornalisti. L'ammissione che l'Ucraina non entrerà nella Nato ora può facilitare i negoziati
20esimo giorno di guerra. Nuove atrocità e la prima concessione di Zelensky
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La guerra in Ucraina taglia il ventesimo giorno con un'escalation di attacchi russi che coinvolgono obiettivi civili e manifestano un crescente disprezzo per le regole internazionali che disciplinano le operazioni belliche. Sono evidenti e senza necessità di ulteriori verifiche i bombardamenti sulle abitazioni di Kiev e di Kharkiv, dove il bilancio non è stato ancora più tragico perché molti ormai o sono fuggiti o si sono rifugiati nei bunker e nella metropolitana. E' altrettanto evidente la mancanza di riguardo per gli operatori dei media che documentano le vicende sul terreno. Sono stati due i caduti, dopo che domenica 13 marzo era stato ucciso il primo reporter e lunedì 14 ne era stato ferito gravemente un secondo (non chiaro ancora chi abbia aperto il fuoco nell'ultimo e più grave episodio). Da verificare la presa di ostaggi a Mariupol, denunciata dagli ucraini: medici e pazienti dell'ospedale sarebbero sotto la minaccia delle armi da parte delle truppe di occupazione.

Alzare il tiro indiscriminatamente sarebbe la strategia di Mosca per fiaccare la resistenza opposta da esercito regolare e popolazione all'avanzata delle forze che ormai stringono il Paese da quattro fronti. Voci non confermate suggeriscono che vi siano forti divisioni al Cremlino su come condurre la campagna ora che è chiaro il fallimento del piano iniziale di una guerra lampo. In ogni caso, non emerge una volontà di accelerare i negoziati. Se la Russia non sfonda, sa che anche Kiev soffre e molte zone accerchiate saranno presto al limite della sopravvivenza.

Il tavolo dei colloqui resta attivo, eppure l'impressione è che entrambe le parti puntino per ora più sul campo, per guadagnare armi da portare alla trattativa, che non su un accordo condiviso. Mosca ieri ha fatto sapere che gli ucraini non fanno sul serio. Dall'altra parte, è arrivata un'ammissione che non è del tutto nuova né sorprendente ma può essere un passo importate. Il presidente Zelensky, attivissimo nel perorare la causa del suo Paese a livello internazionale, ha riconosciuto che Kiev non potrà entrare nella Nato e dovrà quindi provvedere da sé a costruirsi un ombrello di difesa. Questa concessione probabilmente non è più abbastanza per fare decollare il negoziato con Putin, ma può essere un passo utile, nella direzione della richiesta neutralità.

La visita nella capitale bombardata del premier polacco Morawiecki insieme ai colleghi ceco Fiala e sloveno Jansa è stato un gesto coraggioso e particolarmente significativo della solidarietà europea all'Ucraina. Il fronte occidentale resta compatto, vara altre misure economiche e spinge il Cremlino a reagire con controsanzioni, compreso il divieto di ingresso in Russia del presidente americano Joe Biden. Il quale ha reagito annunciando un incrementato sostegno militare a Kiev. Le difficoltà di Mosca si manifestano con i gesti di protesta verso la guerra che stanno aumentando negli ultimi giorni. Il più clamoroso è quello della giornalista del principale telegiornale che ha esposto un cartello contro l'invasione e la censura informativa. Il suo immediato arresto ha fatto temere il peggio. Poi il processo per direttissima e una multa modesta. In questo caso, la notorietà del personaggio e il risalto della vicenda possono avere indotto il governo a non calcare la mano per evitare contraccolpi interni. Non mancano comunque le manifestazioni di solidarietà a Putin e alle operazioni militari, a dimostrazioni di un Paese diviso e che per la maggior parte dei suoi abitanti non vuole prendere posizione pubblica sulle vicende in corso.

Mentre ci si avvia alla quarta settimana di combattimenti le previsioni su una possibile tregua si fanno più fosche. Sono tre milioni i profughi che hanno lasciato il Paese e il flusso dei rifugiati non potrà che aumentare in una situazione di pericolo e di penuria. Un esponente della presidenza ucraina ha ipotizzato un accordo per maggio. Non un tempo così lungo per una trattativa politica ordinaria. Per l'attuale stato della guerra vorrebbe dire invece una carneficina e un Paese raso al suolo. L'invito fatto al Papa dal sindaco di Kiev e l'annuncio di Francesco della consacrazione di Russia e Ucraina al cuore immacolato di Maria fanno sperare che la forza delle comuni radici cristiane possa ridare forza alla volontà di pace in entrambe le nazioni.

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