martedì 22 marzo 2022
Il presidente Zelensky chiede aiuto a Francesco e all'Italia. Sul campo, secondo gli Usa difficoltà di Mosca per i rifornimenti, pesano le sanzioni. Si stringe la morsa del regime sugli oppositori
27mo giorno di guerra / Speranze di mediazione del Papa, difficoltà russe
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Il 27° giorno di guerra in Ucraina restituisce ancora un bollettino di attacchi e vittime, anche fra i civili. Ma ad alimentare la speranza è arrivata in mattinata la telefonata di Papa Francesco a Wolodymyr Zelensky. Un colloquio in cui il presidente ha sollecitato una mediazione vaticana per arrivare a una tregua e, sperabilmente, anche a una pace giusta. La diplomazia della Santa Sede fin dall'escalation russa ai confini, quindi ben prima dell'invasione del 24 febbraio scorso, ha silenziosamente e indirettamente cercato di contribuire a una soluzione della crisi, non trovando però interlocutori disponibili al dialogo aperto e sincero.

Oggi, dopo le ripetute prese di posizione pubbliche di Francesco, già invitato a Kiev dal sindaco, il ruolo vaticano potrebbe rivelarsi molto importante. La conversazione del Papa con il patriarca Kirill ha indicato la volontà di superare la guerra come strumento per risolvere le controversie. In questo senso, un primo obiettivo condiviso da tutti gli esponenti cristiani coinvolti potrebbe essere l'ottenimento di un cessate il fuoco umanitario.

Ma il conflitto intanto prosegue con il suo tragico bilancio continuamente aggiornato. Il numero dei bambini uccisi cresce ogni giorno, ha ricordato Zelensky nel suo discorso al Parlamento italiano in seduta comune. Undici minuti di appello orgoglioso al sostegno del nostro Paese e di gratitudine per ciò che è stato fatto finora. Nessun riferimento alla Resistenza contro il nazifascismo, ma un accostamento tra la martoriata Mariupol e Genova. Immaginatevi il capoluogo ligure, che conta gli stessi abitanti, martellato dai bombardamenti, ha spiegato. Così avvenne durante la Seconda guerra mondiale, e ci sono voluti decenni per ricostruire tutto.

L'immagine della Superba devastata ha colpito ed emozionato deputati e senatori, che hanno tributato al leader ucraino, dimostratosi ancora una volta eccellente oratore, un lungo unanime applauso in piedi (sebbene gli assenti siano stati numerosi, soprattutto tra M5s e Lega). Ma non può non avere colpito ed emozionato tutti quelli che hanno ascoltato la perorazione in diretta da un bunker, quel bunker della capitale da dove si dirige la difesa di un Paese brutalmente aggredito. "Siamo il cancello che ferma la barbarie davanti alla Ue", ha detto Zelensky in un altro passaggio chiave.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi gli ha risposto con toni altrettanto sentiti: il popolo ucraino è eroico e non lo lasceremo solo; sosterremo con determinazione il suo ingresso nell'Unione Europea e dall'Italia arriveranno altri aiuti, anche militari. Sul campo è questo il tema. Nessuna svolta si è registrata nelle ultime ore. Il Pentagono fa sapere che le forze russe sono in difficoltà; secondo i comandi ucraini, avrebbero riserve logistiche per soli tre giorni e assalterebbero i supermercati per trovare cibo. Sembra un'esagerazione propagandistica, anche se arrivano segnali contraddittori. "Nelle ultime 24 ore, caccia russi hanno distrutto 137 obiettivi militari ucraini e 14 droni, incluso un Bayraktar TB2", hanno comunicato i media di Mosca.

Ma la "Komsomolskaya Pravda", un giornale schierato apertamente con il Cremlino, ha pubblicato sul suo sito un articolo in cui si affermava che quasi 10.000 soldati russi sono morti dall'inizio delle operazioni. Il contenuto è stato presto rimosso e si è parlato di un'azione di hacker ostili. Ipotesi da non escludere, visto che si tratta di un numero altissimo, addirittura superiore alle più ottimistiche stime americane. Successivamente, è circolata la notizia che la Uralvagonzavod Corporation, a Nizhny Tagil, abbia sospeso la sua attività per mancanza di pezzi di ricambio e di materiali provenienti dalle importazioni ora sotto sanzione. Si tratta di uno dei più grandi complessi scientifici e industriali russi e il più grande produttore al mondo di carri armati. Anche in questo caso un certo scetticismo è d'obbligo, ma i segnali si moltiplicano. E' il motivo per cui gli Usa temono che Vladimir Putin possa essere indotto a giocare una carta dirompente per ribaltare decisamente le sorti della guerra. Si teme, in particolare, il ricorso ad armi chimiche. Mosca, negando, ha alzato il tiro: "Ricorso alle armi nucleari solo se minacciata la nostra esistenza".

Che la situazione a Mosca non si la migliore lo si evince anche dalla condanna a nove anni inflitta al principale oppositore del presidente, Alexei Navalny, con accuse chiaramente pretestuose. In cella sono finiti pure due suoi avvocati. E Alexander Nevzorov è diventato il primo giornalista contro il quale è stato aperto un procedimento penale sulla base della legge appena approvata che punisce con pene fino a 15 anni di reclusione la diffusione di cosiddette "notizie false" relative alle attività delle forze armate. I prossimi giorni diranno se l'apparato di Mosca è davvero vicino allo stallo e il Cremlino accetterà di trattare seriamente con l'Ucraina. Potrebbe aprirsi quella finestra per la diplomazia della pace guidata autorevolmente da Papa Francesco.







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