venerdì 8 luglio 2011
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Caro direttore,sono un abbonato residente a Pavia con un figlio (e nipoti) che vive a Cesena. Negli ultimi due mesi mi sono recato per tre volte da mio figlio.Una prima volta, giunto alla stazione di Stradella, ho avuto l’amara sorpresa della soppressione del treno Torino-Piacenza, con immaginabili conseguenti disagi. Una seconda volta (di domenica), salito sul treno in partenza da Piacenza per Rimini, dopo una estenuante attesa, a noi viaggiatori è stata comunicata la soppressione della corsa per guasto tecnico al locomotore. Una terza volta (di martedì), sempre alla stazione di Piacenza, il treno delle 15,40 per Ancona, neppure presente sul binario di partenza, ha subito la stessa sorte. Delle due l’una: o sono particolarmente iellato con le Ferrovie Italiane, oppure il materiale rotabile di Trenitalia fa acqua da tutte le parti. Domanda: a parte le altre considerazioni (si veda la Val Susa) la scelta Tav non sta drenando le (insufficienti?) risorse disponibili a scapito di una regolare ed efficiente funzionalità della rete ordinaria che, non dimentichiamolo, serve la stragrande maggioranza dei viaggiatori?

Carlo Bernini Carri, Pavia

Il suo dubbio è legittimo, caro signor Bernini Carri. Ma io ritengo che alta velocità e rete ordinaria efficiente non siano in contraddizione, e penso che permettersi entrambe – in un Paese come il nostro – dovrebbe essere il minimo, sia per interpretare le esigenze di vita e di lavoro della popolazione, sia per invogliare e servire le attese dei turisti stranieri. Sviluppare una rete ad alta velocità su strada ferrata (complementare e, in diversi casi, utilmente alternativa al trasposto aereo e stradale) è indispensabile e, a mio parere, un servizio di questo tipo non può e non deve limitarsi alla sola direttrice nord-sud tra Milano-Torino e Napoli, ma crescere rapidamente lungo le coste adriatica e tirrenica e sui diversi assi est-ovest della Penisola. Naturalmente, le cosiddette tratte minori o regionali meritano un’attenzione altrettanto seria. Prima di tutto, perché non sono affatto minori, rappresentando collegamenti fondamentali per una rilevantassima parte degli italiani. In secondo luogo, perché un Paese a grande vocazione turistica come l’Italia non può permettersi di snobbare strumenti e itinerari che meritano, anzi, di essere valorizzati e potrebbero diventare motivo di attrazione e di guadagno sia per l’azienda ferroviaria sia per le comunità locali. Uso spesso l’alta velocità tra Milano e Roma, ma mi è capitato, in più occasioni, di compiere percorsi in treno "periferici". In particolare, tra la Lunigiana e Milano oppure – e in questo caso, anche per l’orario non da pendolare, ero uno dei pochi italiani presenti tra tanti turisti stranieri – sulla linea che collega Firenze e la mia Assisi. Beh, non sono quasi mai stati viaggi confortevoli, soprattutto a causa dello stato del materiale rotabile, certe volte addirittura indecoroso. Me ne sono vergognato per me stesso, per i miei connazionali e per il desolante "souvenir" regalato a visitatori di tutto il mondo. Insomma, penso anch’io che questo sia uno dei casi nei quali destinare risorse a un servizio universale (e indubbiamente oneroso) non è soltanto una "spesa", ma è un grande e importante "investimento". Con una postilla, che mi preme molto: dobbiamo investire tutti altrettante risorse morali – ognuno per la propria responsabilità – per educare e rieducarci al rispetto delle cose di tutti. Sui treni, come su tanti altri mezzi pubblici, si vedono anche troppi segni di noncuranza e incuria provocati dai passeggeri. Sono le cicatrici della maleducazione, che assieme a quelle lasciate dalle molteplici operazioni di "razionalizzazione" a cui sono state sottoposte le nostre ferrovie rischiano di sfigurare un servizio sempre prezioso e in certi contesti pressoché insostituibile.
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