Per fermare la corrosione dell’indifferenza
martedì 12 dicembre 2023

Il professor Mauro Magatti, del quale proprio domenica abbiamo letto l’efficace editoriale sull’Italia al bivio tra declino e risveglio, tempo fa su “Avvenire” si chiedeva: « Dove va una società senza empatia?». La domanda mi è risuonata mentre affannosamente tutti cerchiamo di capire – a partire dall’ennesimo, recente femminicidio, ma non solo – come invertire la desertificazione di tanti cuori, anche giovani. Passeggeremo nello spazio, ci immergeremo nel metaverso, ma rischiamo di essere ancora irrimediabilmente soli, violenti e guerrafondai perché «la radice dell’altruismo sta nell’empatia: senza la percezione delle esigenze o della disperazione altrui non può esserci preoccupazione per gli altri». Senza rispetto, sollecitudine e cura per gli altri, anche l’io annega nello specchio di sé stesso. Magatti ricordava, poi, che l’empatia si impara: « Non è forse questa la prima educazione che dobbiamo tornare a praticare?».

Riflettendo sul magistero pedagogico di papa Francesco mi è parso di individuare due passi concreti per avanzare in quell’educazione emotivo-affettiva che molti invocano: un passo è quello di percorrere la strada nei sentimenti di Cristo (lo disse al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015), l’altro è dato dall’acquisizione dello stile del Samaritano (qui la citazione è dall’enciclica Fratelli tutti del 2020), stile che sintetizza quei sentimenti in un’empatia che si eleva a compassione. Tra l’altro, proprio nella parabola del Samaritano ( Lc 10,29-37) sono simboleggiati i vari volti della disumanizzazione. Infatti, è disumanizzato l’uomo colpito e lasciato a terra mezzo morto; sono disumanizzati i briganti che lo hanno trattato con violenza, come fosse solo un “oggetto-preda”; sono disumanizzati anche il sacerdote e il levita a causa dell’azione lenta e corrosiva dell’indifferenza. È proprio questa, ora, che deve preoccuparci di più: perché l’indifferenza è cresciuta nel frattempo pure in casa nostra, un po’ alla volta, arrendendoci magari a una religiosità talvolta diventata senza cuore e senza anima. Ma anche la società cosiddetta “laica” non può non fare autocritica. Come abbiamo fatto a “diseducare” e a “diseducarci” così? Quali sono le nostre responsabilità? Più ancora è urgente chiederci: come rieducarci all’empatia e alla compassione per «riedificare umanamente l’uomo »? (Ungaretti). Ancora papa Francesco, in un convegno sulla sfida educativa (Roma 2017), indicava come necessaria una «alfabetizzazione socio-integrata, cioè un’educazione basata sull'intelletto (la testa), gli affetti (il cuore) e l'agire (le mani).

Questo – aggiungeva – offrirà ai nostri ragazzi la possibilità di una crescita armonica a livello non solo personale, ma al tempo stesso sociale». In un’epoca dove si parla e si agisce “di pancia”, è necessaria una pedagogia sapienziale, che interpelli e motivi l’intelligenza a riscoprire e rispettare la dignità della persona umana, dal concepimento alla morte naturale, senza strabismi ed ipocrisie. In un contesto dove le emozioni si consumano compulsivamente senza gustarle, urge un’educazione del cuore, una pedagogia salmica perché «i nostri affetti non uccidano noi né muoiano essi» (John Donne). Quanto investiamo per formare educatori, genitori, catechisti, insegnanti, che sviluppino una sufficiente intelligenza emotiva e una stabile maturità affettiva e relazionale?

Per una alfabetizzazione socio-integrata, poi, si rende necessaria una “pedagogia parabolica”, come quella di Gesù, fine narratore che sapeva interpellare, coinvolgere, sanare, promuovere l’umanità dei suoi ascoltatori affinché facessero qualcosa di vero, di buono, di bello, frutto dell’incontro con Lui. L’arte pedagogica di Cristo, buon Samaritano dell’umanità ferita, è esemplare e paradigmatica: «Va, e anche tu fa lo stesso», dice a ciascuno di noi. E «se ognuno fa qualcosa si può fare molto» (don Pino Puglisi); se poi, come il Samaritano della parabola, coinvolgiamo locanda e locandiere – Chiesa, società, istituzioni –, allora «si va anche più lontano». L’omissione di soccorso di sacerdote e levita ha già disumanizzato abbastanza. Forse più dei briganti.

Sacerdote e psicologo

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