Torna dal «luogo senza perché» quel soldato che corre dalla nonna
venerdì 18 novembre 2022

Appare sui giornali la foto perfetta della fine della guerra: la nonna che s’inginocchia perché vede tornare dal fronte il nipote vestito da soldato. Il giornale (piccolo, locale) è sensibile al tema, tant’è vero che non pubblica una sola foto, ma due: un frammento di video, un micro-filmino.

Nella prima foto vediamo il nipote di spalle, che corre in là ad ampie falcate, ha lo zaino in spalla, l’elmo in testa, e il fucile nella mano destra. Ha preso la rincorsa perché ha visto la nonna sulla porta di casa. La nonna vede il nipote che le corre incontro e si prepara all’abbraccio inginocchiandosi. Ha uno strano modo d’inginocchiarsi, non posa per terra le ginocchia soltanto ma anche le mani, sicché assume la postura di un animale a quattro zampe, un gatto o un cane.

Ansa

Può succedere che uno parta soldato e quando torna il primo familiare che lo aspetta sulla porta di casa è il cane. Successe anche a Ulisse. Nessuno riconosce Ulisse, ma il cane Argo sì. Argo ha un infarto e muore. Rivedersi dopo una guerra mette a dura prova il cuore. Forse è per questo che la nonna della foto che guardo posa mani e ginocchia per terra: per risparmiare fatica al cuore. Il cuore di questa nonna è sotto sforzo, bisogna che lo sforzo duri poco tempo. Il nipote corre per questo. Prima arriva, prima lo stress finisce. Questa però è una guerra particolare, un’invasione più che una guerra, siamo in Ucraina e la nonna aspetta che il nipote la liberi dagli occupanti russi. La città dove si svolge la scena è Kherson. Su quest’area c’è stato un black-out informativo durato mesi, qui sono avvenute violenze e morti, chi arriva (come il soldato liberatore) non sa cosa trova, può trovare i parenti vivi o morti, o non trovarli affatto.


Ansa

La guerra è una mostruosità che papa Bergoglio chiama “pazzia”, e chi ha attraversato una guerra, come il sottoscritto, ha attraversato scene di pazzia. Ho avuto per le mani un blocchetto d’interviste a reduci dalla guerra, non necessariamente soldati ma anche contadini o contadine portati via dalle loro case, e ricordo (non potrò mai dimenticarlo) una contadina di Treviso che tornando a casa in treno capì male il nome della stazione di Tarvisio, lo credette Treviso, e scese dal treno, dopo di che si aggirava sbalordita tra quell’orizzonte montano, si poneva una domanda: «Come mai tante montagne a Treviso?», e si dava una risposta: «Sarà stata la guerra». La guerra non è un’altra razionalità, è l’irrazionalità. Non è un’altra ragione, per questo il Papa dice: «È una pazzia».

In Primo Levi, quando un soldato distrugge un ghiacciolo che pende dal tetto, perché un prigioniero non possa staccarlo e berlo, al prigioniero che gli chiede: «Warum?», perché?, il soldato risponde: «Hier ist kein Warum», qui non c’è nessun perché. La guerra è il luogo senza perché. Perché è il luogo dove si uccide. In guerra uno è soldato e basta. Non è figlio o nipote, non ha madre o nonna. Questo soldato che corre verso la nonna inginocchiata a quattro zampe smette di essere soldato. Torna uomo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI