giovedì 20 ottobre 2011
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Caro direttore,sono uno di quei cattolici che ha partecipato a distanza al grande raduno di Todi, ovvero mettendomi dapprima in preghiera, poi in ascolto e infine in attesa di quello che veniva elaborato lassù, o laggiù, dipende da dove si scrive e si legge. Ma sono anche uno di quei cattolici che da anni segue il dibattito politico e sa che quello della cittadina umbra è stato un incontro arrivato dopo tanti libri, discorsi, proclami, discussioni sull’argomento e soprattutto dopo che tanti cattolici – anche nelle piccole amministrazioni – hanno continuato a sperimentare sulla propria pelle il quotidiano adoperarsi per il bene comune. Sono uno di quei cattolici «né rassegnato né indignato», come ha detto il cardinal Bagnasco, e lo sono nella mia quotidianità, coi miei difetti e con le mie imprecisioni. Ho letto tante parole, in questi giorni. Ma poi, andando a messa martedì, nella festività di San Luca, ho capito che cosa aveva continuato a succedere a Todi. Recitava così il Vangelo di Luca e forse, con tutto il rispetto, vale più di mille interventi: «Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: pace a questa casa"». Come sempre, l’esercizio tipico da "scuola della Parola" di tornare alle origini del nostro credere, cioè al Vangelo, è la risposta migliore alle nostre domande. È Gesù, che tramite il Papa e i nostri vescovi, anche oggi ci manda a due a due, chiedendoci di essere riconoscibili, di impegnarci nel sociale, in politica, nell’economia. Senza volere nulla per noi stessi, ma portando pace.
 
Giorgio Gibertini, Roma
Papa Benedetto, caro Giorgio, ce lo ha ricordato nel discorso di straordinaria forza e bellezza che ha pronunciato davanti alla Camera alta tedesca riunita nel Reichstag di Berlino. «La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace», ha detto. E ha spiegato che bisogna sapersi accostare a essa, con la sapienza di Salomone: con «cuore docile» (cioè con una coscienza ben formata) e sapendo «distinguere il bene dal male». Per questo abbiamo saldi e «non negoziabili» valori di riferimento, quelli che il presidente della Cei ha ricordato ai convenuti a Todi. Valori che sono un patrimonio dei cattolici, ma non sono solo dei cattolici, poiché uniscono tutti quanti sanno riconoscerne la fonte in «ragione» e «natura» (e noi nell’una e nell’altra sappiamo vedere la potenza del Logos, la forza dello Spirito creatore). Certo, l’impegno a realizzare giustizia e portare pace è un’affermazione che suscita potenti echi nel tempo, nel mondo e nell’Italia che viviamo. È una sfida esigente, che – proprio come nel passo evangelico che tu citi, caro Giorgio – richiede innocenza, disinteresse e spirito di sacrificio e, dunque, non sopporta improvvisazioni, personalismi, tatticismi e mediocri ambizioni. È, insomma, vero che quello che di pre-politico sta accadendo nei mondi vitali del cattolicesimo italiano può esser visto anche come un andare «a due a due» per preparare la strada, formando persone, entrando nel cuore dei problemi e della vita della "città", cercando e riconoscendo le case accoglienti. Beh, io – che a Todi c’ero – ho capito che la nostra gente, in tanti modi diversi, ha detto – e si aspetta – che il processo in corso porti a un rovesciamento di certe pratiche e immagini consolidate. Non a un parlarsi addosso sul ruolo che da cristiani si può esercitare in politica, ma a un riconsiderare con realismo e forte idealità il ruolo che l’agone politico deve tornare ad avere in modo significativo nella mai cessata azione pubblica dei cattolici italiani. La «buona politica» – quella evocata nel programma dell’incontro in terra umbra – è uno spazio ulteriore nel servizio al bene di tutti, non un puro e semplice accasarsi.
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