Ti riconosco sorella mia
venerdì 17 giugno 2022

Escono ogni giorno foto della guerra in Ucraina, e non posso non guardarle. Sono foto di contadini, di abitanti delle periferie e delle campagne, e nei loro volti riconosco i miei fratelli. C’entrano qualcosa loro, con questa guerra tra Russia e Ucraina? L’hanno voluta, l’hanno scatenata, l’hanno cominciata, l’hanno proseguita e la proseguono, sono contenti che si sparino cannonate da una parte e dall’altra, sono soldati volontari dell’artiglieria?

Guardo le foto. Sono foto di poveracci, uomini e donne, hanno la faccia stravolta, spesso con qualche chiazza di sangue, sono feriti. Non da qualche colpo di fucile, questa non è una guerra che si combatte trincea contro trincea, puntandosi il fucile addosso. Sono feriti da schegge. Una bomba è esplosa vicino a loro, le schegge sono schizzate in tutte le direzioni, qualcuna gli ha strisciato sulle guance, sulle mani, e ha aperto un solco. Sono loro che ci rimettono in questa guerra. I più poveri. Va in frantumi la loro casa, la scuola del villaggio, l’asilo, la chiesa.

Poiché la guerra va avanti da più di cento giorni, siamo ormai a centoquattordici oggi, cominciamo a porci la domanda: chi ricostruirà tutto, dopo? Con quali mezzi? Con quali soldi? Siamo arrivati al punto in cui una parte cerca di colpire l’altra badando a fare il massimo danno, un danno tale che poi non sia possibile ripararlo. Vogliono colpire oggi per lasciare tramortiti domani. Quando noi occidentali parliamo di 'bombardamento', per memoria storica intendiamo bombe sganciate da aerei. Ma qui non è così. Qui si spara con i cannoni.

Sono cannoni strapotenti, che sparano a venti, trenta chilometri di distanza. Chi spara con un cannone non vede l’obiettivo. L’obiettivo lo vede il cosiddetto 'osservatore', che sta nascosto a decine di chilometri di distanza dall’arma, ed è in collegamento radio con l’artigliere. Gli dà le coordinate. Problema angosciante: quando la cannonata arriva su un asilo, l’osservatore aveva dato al cannone le coordinate dell’asilo?

Se l’esplosione uccide mezza dozzina di bambini, chi ha sparato voleva uccidere quei bambini? Noi lettori-telespettatori-commentatori occidentali pensiamo di no, impossibile, la guerra è guerra tra uomini. Ma il popolo a cui appartengono quei bambini risponde di sì, e mostra la foto: nella foto si vede la scuola sventrata con una grande scritta sul muro, e la scritta dice 'Bambini'. Se vuoi fare al nemico il massimo danno, glielo fai uccidendo i suoi figli. La guerra è guerra contro i più poveri e più deboli, e tra i più poveri e più deboli ci sono le donne e i bambini. La guerra è più cattiva di quanto in tempo di pace si possa pensare e capire. La guerra non è un’uscita fuori dalla pace.

La guerra è un’uscita fuori dalla civiltà, e non è comprensibile da chi vive nella civiltà. Ho attraversato una guerra. D’improvviso vedemmo i fossi a destra e a sinistra delle nostre strade di campagna riempiti di soldati in fila con l’elmo in testa. Non capivamo perché, chi fossero, da dove venissero, cosa volessero. Guardo sui giornali la foto di una donna ucraina con la faccia spaventata e insanguinata, ha paura, si asciuga il sangue, guardandoci esprime una supplica, non chiede spiegazione, quel che patisce deve sopportarlo ma non potrà mai spiegarlo.

Dentro di me le dico: 'Ti riconosco, sorella'.

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